Sudan and conflicts zones.

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Monday 22 March 2010

Da sharpeville a Darfur!!!




Qui e stata la grande massacro di SHARPEVILLE NEL 1960 IL 21 DI MARZO.......LE altri foto del Drafur MASSACRI SENZA FINE ........ma cosa abbiamo fatto!!!?????
DARFUR: BASHIR, COMMESSI CRIMINI ORRENDI MA NON GENOCIDIO
(AGI) - Berlino, 20 mar. - il presidente del Sudan, Omar al-Bashir, riconosce che nel Darfur sono stati commessi "crimini orrendi", ma ne attribuisce la colpa alle attivita' di sostegno ai ribelli da parte dell'Occidente. Lo afferma in un'intervista al settimanale 'Der Spiegel'. Bashir, ricercato per crimini di guerra, dice di assumersi la totale responsabilita' su quanto accaduto, poiche' il suo compito di presidente consiste nel garantire che "le leggi vengano osservate". "E io -aggiunge- sono totalmente responsabile di quanto accade nell'esecuzione di questo compito" ma le accuse di genocidio nei suoi confronti sono "infondate".
NILO, IL 14 APRILE RIUNIONE PAESI RIVIERASCHI A SHARm
(AGIAFRO) - Il Cairo, 19 mar. - Nella prospettiva di giungere a un accordo sulla divisione delle acque del Nilo, il 14 aprile si svolgera' a Sharm El Sheikh, nella penisola del Sinai, un nuovo round di negoziati tra i ministri delle Risorse idriche dei Paesi rivieraschi del piu' grande fiume del continente. All'incontro parteciperanno ministri provenienti da Egitto, Sudan, Etiopia, Eritrea, Uganda, Kenya, Tanzania, Repubblica democratica del Congo, Ruanda e Burundi. La riunione di Sharm El Sheikh sara' preceduta da un incontro tra esperti dei Paesi interessati, che dovranno preparare un 'accordo globale' sullo sfruttamento delle acque del fiume, a quanto ha riferito ai media del Cairo il ministro egiziano delle risorse idriche e dell'irrigazione, Nasreddine Ahmed. Pur riconoscendo l'"esistenza di diversi punti di vista", il ministro ha detto che il negoziato del mese prossimo ha lo scopo di "appianare gli ostacoli e aprire la via alla conclusione di un'intesa".(AGIAFRO) –

Per non dimenticare il 21.03.1960,di 50 anni fa l’uomo bianco ha ucciso nostri fratelli in Sudafrica

Il massacro
I dimostranti (in numero compreso fra 5.000 e 7.000) si radunarono verso le 10 del mattino presso la stazione di polizia di Sharpeville, nell'odierno Gauteng; si dichiararono sprovvisti di lasciapassare e chiesero alla polizia di arrestarli. Le autorità usarono diverse forme di intimidazione per disperdere la folla, inclusi caccia militari in volo radente e lo schieramento di veicoli blindati della polizia. Alle 13:15, la polizia aprì il fuoco sulla folla. Secondo i dati ufficiali furono uccise 69 persone (inclusi 8 donne e 10 bambini) e oltre 180 furono ferite.[3]
I motivi per cui la polizia decise di aprire il fuoco sono stati a lungo indagati. L'ufficiale in comando in seguito dichiarò che i dimostranti avevano iniziato a lanciare sassi, e che ad aprire il fuoco furono alcuni poliziotti meno esperti, senza che fosse impartito alcun ordine in merito. Un certo grado di nervosismo nelle file della polizia poteva essere dovuto al fatto che poche settimane prima alcuni poliziotti erano stati uccisi a Cato Manor.[2] Le indagini della Truth and Reconciliation Commission stabilirono che la decisione di aprire il fuoco era stata in qualche misura deliberata e che c'era stata una grossolana violazione dei diritti umani, in quanto era stata usata una violenza eccessiva e non necessaria per fermare una folla disarmata. La polizia continuò a sparare anche mentre i dimostranti fuggivano, e molte delle vittime furono colpite alla schiena.[3]
Conseguenze
La notizia del massacro contribuì a creare una escalation della tensione fra i neri e il governo bianco. In risposta al diffondersi della protesta, il 30 marzo il governo dichiarò la legge marziale. Seguirono oltre 18.000 arresti.
Il 1º aprile, le Nazioni Unite condannarono ufficialmente l'operato del governo sudafricano con la Risoluzione 134. Il massacro divenne un punto di svolta nella storia sudafricana, dando inizio al progressivo isolamento internazionale del governo del National Party. Il massacro di Sharpeville fu anche uno dei motivi che convinsero il Commonwealth a estromettere il Sudafrica.

Domani torno a casa
Un film ricco di emozioni forti
Emergency fa conoscere all’Italia il lavoro che compie da oltre 15 anni nei Paesi in guerra.
Al teatro della Cooperativa, Emergency, l’organizzazione umanitaria italiana, indipendente e neutrale, propone un film documentario sulle sue attività all’estero, che prende spunto da due storie: da una parte c’è un bimbo afghano di sette anni – Murtaza – dall’altra, un adolescente del Sudan – Yagoub.
Murtaza arriva alla struttura di Emergency già ferito: come più avanti racconterà ai suoi compagni di stanza, stava giocando con una mina – pensando fosse un giocattolo – quando questa gli è esplosa tra le mani. Dopo l’intervento chirurgico perde completamente la mano sinistra e, della destra, gli rimangono solo tre dita. L’occhio della telecamera non nasconde nulla, fa vedere sia la condizione in cui lui – come del resto molti altri tra bambini e adulti – arriva all’ospedale, sia parte dell’operazione.
I ragazzi arrivano in ospedale visibilmente preoccupati e, soprattutto, impauriti: poco prima erano impegnati a giocare con un oggetto nuovo e sconosciuto, di colpo si ritrovano coperti di sangue dopo aver udito un rumore assordante. Significativi i loro volti, i loro pianti e le urla. I pazienti ospitati in questa struttura sono vittime delle esplosioni delle mine: c’è chi perde le gambe poiché inavvertitamente le calpesta, chi le braccia e chi – più “fortunato” – subisce solo l’amputazione delle mani. Durante la degenza, i bambini fanno amicizia tra loro. I giochi che si inventano sono legati all’ambiente che li circonda: quello che li diverte di più è la gara di velocità con le sedie a rotelle.Un bimbo – ricoverato già da qualche settimana – spiega a Murtaza come si svolge la vita in ospedale, quali sono i loro passatempi, e gli dà un consiglio: quando si annoia tra quelle pareti bianche basta che esca in giardino dove crescono i fiori: «Perché con i fiori non ci si annoia mai».
Questo è un piccolo grande piacere che, nella nostra vita quotidiana, significa poco, ma in questa situazione si rivela un suggerimento prezioso. Anche la scena degli aquiloni – regalati da un volontario – è in grado di trasmettere lo stupore e il divertimento che solo i bambini sanno provare grazie a quel senso di leggerezza che gli appartiene, nonostante la difficile situazione in cui si trovano.
Il secondo caso riguarda Yagoub, un ragazzino di 15 anni che soffre di una malattia cardiaca: un’arteria non funziona propriamente e, di conseguenza, non porta al cuore sangue a sufficienza. Questo provoca all’adolescente una stanchezza fisica continua: Yagoub non va a scuola da circa un anno, non riesce a giocare a calcio con i suoi amici, tanto meno a nuotare con loro. L’operazione costerebbe 5000 dollari – pari a 11,5 milioni di sterline sudanesi – una spesa insostenibile per la sua famiglia, soprattutto se si considera che vive in un campo profughi. Nel campo, però, arriva Emergency.
Il film racconta la costruzione dell’ospedale specializzato in interventi cardochirurgici – dalla posa dei mattoni fatti con l’argilla, alla pavimentazione, all’imbiancatura e infine alla consegna dei macchinari e dei letti. A questo punto Gino Strada – che ha fondato Emergency nel 1994 per salvare le vittime della guerra e delle mine anti uomo – spiega che quando si apre un centro come questo bisogna decidere chi operare, stabilendo delle priorità tra i malati. Il turno di Yagoub arriva dopo circa un mese dall’inaugurazione della struttura.
L’intervento chirurgico è completamente gratuito, l’unico aiuto che il medico chiede alla famiglia del ragazzo è di donare il sangue – che serve durante l’operazione. L’intervento riesce ma si verificano delle complicazioni post-operatorie: un coagulo di sangue non permette a Yagoub di utilizzare un braccio e una gamba. Con la riabilitazione e l’aiuto dei suoi amici, il ragazzo riuscirà a vincere anche questo battaglia. L’immagine finale ci mostra Yagoub a scuola, finalmente sorridente e in grado di condurre una vita normale.
Un film documentario come questo ha il valore e la capacità di far conoscere alle persone realtà lontane dalla nostra e sottolinea l’importanza di questa organizzazione per le vittime civili di ogni guerra. La visione è consigliabile ai maggiori di 14 anni.
Teatro della Cooperativavia Hermada, 8
Domani torno a casadi Fabrizio Lazzaretti e Paolo Santolinimontaggio Clelio Beneventosuono Pietro Jona




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