Sudan and conflicts zones.

Sudan and conflicts zones.

Saturday 26 July 2008

Minaccia !!

Sudan - Minaccia di ritirare le Minaud se il presidente el Bashir viene processato
25 Luglio 2008, 18:47
Il Sudan minaccia di richiedere il ritiro delle forze di pace Onu-Unione Africana (Minaud), che si trovano nel Darfur, se il presidente sudanese Omar el Bashir verrà giudicato per genocidio dalla Corte penale Internazionale."Noi ci rivolgiamo alla communità internazionale che ha incolpato il nostro presidente. Noi non siamo responsabili delle truppe straniere che si trovano nei nostri territori e possiamo domandare loro di ritirarsi", ha dichiarato Bonal Malual, il consigliere del presidente sudanese.Il procuratore della Corte internazionale Luis Moreno-Ocampo il 14 luglio ha chiesto ai giudici della Corte di emettere un mandato di arresto contro Bashir per crimini di guerra e contro l'umanità. Al momento i giudici non hanno ancora preso una decisione. La Minaud si trova in uno stato di allerta, e ha comunicato che lascerà sul posto solo i soldati necessari.

اخبار محلية: مظاهرة تأييد للمحكمة الجنائية من أبناء دارفور باسرائيل
تظاهر مئات من ابناء دارفور في اسرائبيل ومكتب حركة التحرير في اسرائيل تأيدا للمحكمة الجنائية الدولية بشأن ملاحقة البشير.وردد المتظاهرون شعارات تندد بالنظام وتحي مواقف المحكمة . ورفعت صور لزعيم حركة التحرير عبد الواحد أحمد النور

Thursday 24 July 2008

Pace lontana !!!!

Darfur: Il presidente sudanese accusa la Francia di ostacolare la pace
Il presidente sudanese, Omar El Bashir, durante un discorso ieri ai suoi concittadini del Darfur del sud, nella capitale Nyala, ha accusato il governo francese di ostacolare il processo di pace in Darfur dando ospitalità ad uno dei principali capi ribelli, Abdelwahid Mohamed Nur, fondatore dell'Esercito per la Liberazione del Sudan (Sla). "La Francia parla di pace in Sudan e cita genocidi e crimini di guerra - ha detto Bashir - ma è quella che incita alla prosecuzione della guerra. E' quella che non vuole la pace in Darfur, perché vuole impossessarsi delle sue ricchezze". A Nyala, Bashir ha anche sollecitato il consigliere presidenziale Minni Arcua Minnawi, anch'egli esponente in passato dell'Sla, a rientrare a Khartoum ed a riprendere le sue funzioni. Minnawi, che due anni fa firmò il primo accordo di pace per il Darfur, è scomparso da quasi due mesi, lasciando così supporre che volesse interrompere la collaborazione con il governo, per la quale era stato nominato consigliere del presidente. Più volte Minnawi ha accusato il partito al potere, il National Congress (Ncp) di ignorare l'applicazione di quell'accordo. Bashir ha quindi affermato che il suo governo darà seguito agli impegni previsti dall'accordo di pace, promettendo di integrare le forze comandate da Minnawi nelle forze armate sudanesi.



Sudan - Invitati esperti internazionali per verificare apparato giudiziario
24 Luglio 2008, 14:50
Khartoum ha invitato esperti internazionali a verificare il livello di solidità del sistema legale del paese e l'idoneità a celebrare processi per i crimini di guerra commessi in Darfur. Il ministro della Giustizia Abdel Sabderat, che ha pensato all'invito, ha detto alla Reuters che il Sudan vorrebbe avviare i processi contro i criminali, anche se non ha fatto cenno a una data in cui potrebbero avere inizio. Già il presidente Omar Hassan al-Bashir aveva prospettato l'ipotesi al Segretario generale della Lega Araba, Amr Moussa.

Tuesday 22 July 2008

Peace First.....Prima la pace!!!!!


الأمم المتحدة لن تتدخل بعمل المحكمة الجنائية الدولية
GMT 3:30:00 2008 الثلائاء 22 يوليو
أ. ف. ب.
نيويورك: أعلنت متحدثة بإسم الأمم المتحدة أن المنظمة الدولية لا تستطيع التدخل في قرار المحكمة الجنائية الدولية الذي يستهدف الرئيس السوداني عمر البشير. وقالت ميشال مونتاس للصحافيين ان "موقف الامين العام بالغ الوضوح"، مؤكدة ان "المحكمة الجنائية الدولية مستقلة. لا تستطيع الامانة العامة للامم المتحدة ان تتدخل في اي شيء يتصل بالمحكمة الجنائية الدولية".
وكانت مونتاس تشير في تصريحاتها الى طلب تقدم به الاتحاد الافريقي الاثنين امام مجلس الامن الدولي لارجاء قرار المحكمة بحق البشير. وصرح وزير الخارجية النيجيري اوجو مادويكوي للصحافيين ان "الاتحاد الافريقي يطلب من مجلس الامن الدولي ارجاء اجراءات المحكمة الجنائية الدولية بسبب ضرورة تجنب المساس بعملية السلام" في السودان، داعيا الى ارجاء يتطابق مع قواعد معاهدة روما" التي نصت على انشاء المحكمة قبل عشرة اعوام.
ويستطيع الاعضاء ال15 في مجلس الامن التصويت على قرار لارجاء اي تحقيق او ملاحقة تجريها المحكمة الجنائية ل12 شهرا، ويمكن للمجلس ان يمدد هذه المهلة وفق الشروط نفسها.
وكان المدعي العام في المحكمة الجنائية الدولية لويس مورينو-اوكامبو طالب الاسبوع الماضي في لاهاي قضاة هذه المحكمة باصدار مذكرة توقيف بحق البشير بتهمة ارتكاب اعمال "ابادة" في اقليم دارفور غربي السودان الذي يشهد حربا اهلية منذ 2003.
وهي المرة الاولى يطلب فيها مدع عام في المحكمة الجنائية الدولية باصدار مذكرة توقيف بحق رئيس بلاد. وترفض حكومة الخرطوم بشدة اتهامات المحكمة الجنائية الدولية. من جهته، اوضح السفير الفرنسي في الامم المتحدة جان موريس ريبير ان "على المجلس الا يتدخل في العملية الراهنة لافساح المجال امام المحكمة الجنائية للقيام بعملها".




SUDAN/DARFUR: UA, CONSIGLIO SICUREZZA ONU RINVII PROCESSO AL-BESHIR

(ASCA-AFP) - Addis Abeba, 21 lug - L'Unione Africana ha chiesto oggi al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite di posticipare la decisione della Corte Penale Internazionale riguardo alla richiesta di incriminazione nei confronti del presidente sudanese, Omar al-Beshir.''L'Unione Africana chiede che il Consiglio di Sicurezza Onu rinvii il processo intentato dalla Corte Penale Internazionale e che prenda in considerazione la necessita' di assicurare il processo di pace in modo che questo non venga messo a repentaglio in alcun modo'', ha detto il ministro degli Esteri nigeriano Ojo Maduekwe.


Sudan - Corte penale internazionale perseguirà anche ribelli del Darfur
18 Luglio 2008, 08:17
Luis Moreno-Ocampo, presidente della Corte penale internazionale dell'Aia, ha annunciato ieri sera di voler perseguire i ribelli del Darfur responsabili dell'uccisione di dieci caschi blu africani, vittime di un agguato lo scorso settembre nel campo di Haskanita. "Conosciuamo i nomi dei comandanti ribelli sospettati di essere i responsabili di quell'azione", ha detto Moreno-Ocampo, aggiugendo che la Corte sta indagando anche sull'uccisione, sempre in Darfur, di altri otto caschi blu africani avvenuta l'8 luglio scorso. La decisione è stata interpretata come una chiara mossa politica della Corte per bilanciare l'annuncio, pochi giorni fa, della messa in stato d'accusa del presidente sudanese Omar al-Bashir.

Saturday 19 July 2008

Ma prima cosa ha fatto l'ovest per il Sudan


Sudan, Cina: "grave preoccupazione" per richiesta arresto Bashir

PECHINO (Reuters) - La Cina ha espresso "grave preoccupazione e timori" oggi riguardo la risoluzione della Corte Penale Internazionale (Icc) che chiede l'arresto del presidente del Sudan con l'accusa di genocidio nella regione del Darfur.
Mentre il procuratore della Corte spera nell'arresto del presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir, la Cina deve prendere una decisione circa le sue relazioni con il leader africano, a poche settimane dall'inizio dei Giochi Olimpici che aprono un nuovo spiraglio alle pressioni internazionali.
"Le azioni dell'Icc devono portare dei benefici alla stabilità del Darfur e a una giusta soluzione del problema, non il contrario", ha detto durante una conferenza stampa ordinaria il portavoce del ministero degli Esteri cinese Liu Jianchao.
Pechino da anni lavora alla sua politica energetica in Sudan e mira a ottenere un posto di riguardo al tavolo dei trattati di pace in Darfur. La decisione dei procuratori dell'Icc rende questo processo molto più arduo, con le parti in causa che attendono di vedere se Pechino cercherà di sospendere l'azione legale attraverso una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
Liu ha detto che la Cina ha consultato altri membri del Consiglio di Sicurezza Onu e che "spera di ottenere il consenso delle parti di rilievo".
Il procuratore della Corte Penale Internazionale Luis Moreno-Ocampo ha reso note le proprie accuse ieri, attribuendo a Bashir la responsabilità di aver orchestrato genocidi, crimini contro l'umanità e crimini di guerra in Darfur, la regione occidentale del paese africano duramente colpita dalla guerra.
La Cina è uno dei maggiori investitori nel settore petrolifero in Sudan e, pressata dalla comunità internazionale, ha appoggiato qualche tempo fa una risoluzione Onu che autorizza una forza di peace-keeping ibrida Onu-Unione Africana e convinto Bashir ad accogliere i contingenti nel paese.
Prima della Cina cosa fatto a noi l'Inglese Francese e Tedeschi, compriamo a prezzo alto e abbiamo la carotta e il bastoni e basta, questa opera e del Cinese in Sudan..........................................azim

Tuesday 15 July 2008

Ma guarda che fanno l'americani!!!???



من هنا وهناك: المعارضة بالسودان تحذر من "اعتقال" البشير.. ومتمردو دارفور يرحبون
حذرت أحزاب المعارضة السودانية الاثنين 14-7-2008 من أن صدور أمر دولي بإلقاء القبض على الرئيس السوداني سيزعزع استقرار أكبر دولة في إفريقيا من حيث المساحة وسيتسبب في "انهيار دستوري"، بينما أعرب متمردو دارفور عن ابتهاجهم بطلب المدعي العام للمحكمة الجنائية الدولية توقيف الرئيس البشير بتهمة التورط في جرائم "ابادة جماعية" في دارفور.وأيد كثير من رموز المعارضة السياسية في السودان المحكمة الجنائية الدولية حين أصدرت أمرا بإلقاء القبض على الوزير السوداني احمد هارون وقائد ميلشيا متحالف مع الحكومة العام الماضي بتهمة ارتكاب جرائم حرب في دارفور. لكنهم يشعرون أن صدور امر بالقاء القبض على البشير قبل اول انتخابات حرة في 23 عاما في السودان والمقرر اجراؤها في 2009 سيضر بفرص السلام.وقال حزب الأمة المعارض الذي فاز في آخر انتخابات حرة في السودان إن صدور أي لائحة اتهام بحق رئيس الدولة سيؤدي الى انهيار دستوري في السودان.

وتتواجد قاعدة الدعم التقليدية لحزب الامة في دارفور حيث يندلع تمرد منذ خمسة اعوام ونصف العام لجماعات غير عربية في الاغلب وادى الى مقتل 200 الف شخص وتشريد 5ر2 مليون شخص اخرين من منازلهم مما استدعى تنفيذ اكبر عملية للمساعدة الانسانية في العالم.وسجن البشير مسؤولي حزب الامة وبينهم نجل زعيم الحزب وابنته عقب مظاهرات بشأن ارتفاع الاسعار في 2006.وقال الحزب في بيان ان الجميع يتفقون على ان صدور امر بالقبض على البشير ستكون له عواقب خطيرة على الامن والنظام العام وسيهدد ارواح المواطنين بطريقة خطيرة.وقال الحزب الاتحادي الديمقراطي المعارض انه يرفض تسليم البشير الى المحكمة الجنائية الدولية ومقرها لاهاي.وقال المتحدث باسم الحزب تاج السر محمد صالح ان الامر سينعكس بصورة سيئة جدا على عملية السلام في دارفور وفي الجنوب. واضاف انه لابد من وقف ذلك والبحث عن تسوية اخرى.وكان علي محمود حسنين وهو من كبار شخصيات الحزب الاتحادي الديمقراطي سجن لعدة شهور بسبب محاولة انقلاب العام الماضي لكن افرج عنه في وقت لاحق.وحتى حزب المؤتمر الشعبي بزعامة حسن الترابي الخصم اللدود للبشير قال ان نموذج جنوب افريقيا للجنة الحقيقة والمصالحة هو السبيل للمضي قدما.واعرب بشير ادم رحمة امين الامانة السياسية للحزب عن اعتقاده بأنه اذا تم حل مشاكل دارفور فسيمكن حل كل الامور ذات الصلة. وقال ان من الممكن اتباع نموذج جنوب افريقيا للتوصل للحقيقة والمصالحة والعدالة.وتعرض كثير من هذه الاحزاب للاستهداف من حزب المؤتمر الوطني المسيطر بزعامة البشير لكنهم لا يعتبرون أن تصرف المحكمة الجنائية الدولية سيفيد السودان على المدى الطويل.ودعا حزب الامة الحزب الحاكم الى التحلي بضبط النفس واشار الى ان امر الاعتقال النهائي قد لا يصدر قبل بعض الوقت بعد ان يوافق عليه قضاة المحكمة الجنائية الدولية.وقالت الحكومة السودانية انها تجري محادثات غير رسمية مع الصين وروسيا بشأن تقديم قرار لمجلس الامن الدولي لتعليق امر الاعتقال لمدة 12 شهرا قابلة للتجديد. لكن حتى اذا وجد القرار دعما فإن كثيرين في السودان يعتقدون ان الضرر حدث بالفعل.

متمردو دارفور مبتهجون

وفي غضون ذلك، اعرب متمردو دارفور عن ابتهاجهم بطلب المدعي العام للمحكمة الجنائية الدولية توقيف البشير بتهمة التورط في جرائم "ابادة جماعية" في دارفور.وقال محجوب حسين الناطق باسم احد فصائل حركة تحرير السودان ان تحرك المحكمة الجنائية الدولية هو "انتصار للانسانية في دارفور" حيث تدور حرب اهلية منذ اكثر من خمس سنوات كما انه "بداية للحرية في السودان". واضاف حسن في بيان ان المتمردين مستعدون "للقيام باي مهمة من اجل توقيف وتسليم مجرمي الحرب الى المحكمة الجنائية الدولية".واكد القائد الميداني في حركة العدل والمساواة سليمان صندل ان مقاتلي الحركة يحتفلون في دارفور منذ معرفتهم بالخبر. وقال "اننا ننتظر هذه اللحظة منذ وقت طويل وبالتالي فإننا نحتفل اليوم ونحن سعداء للغاية". وتابع صندل "انه انتصار للشعوب المتحضرة في العالم وانتصار للشعب الذي يعاني في دارفور بل في السودان كله".وشدد على ان حركته تأمل في ان يواصل المجتمع الدلي ضغوطه على الحكومة السودانية والا يتوقف مشيرا الى ان حركته التي, قامت بهجوم على ام درمان في مايو/ايار الماضي احبطته القوات الحكومية, على "استعداد لمساعدة المحكمة الجنائية الدولية بكل السبل من اجل محاكمة هؤلاء الناس".واعتبر ان "البشير تسبب في معاناة لا يمكن وصفها لشعبه وساهم في جرائم الابادة الجماعية واننا نقدر بشدة هذه الخطوة من جانب المجتمع الدولي".ورحب كذلك احمد دريج رئيس تحالف السودان الفدرالي الديمقراطي وهو حزب متحالف مع حركات التمرد الرئيسية.وراى دريج الذي كان يتحدث من لندن ان قرار المدعي العام للمحكمة الجنائية الدولية "سيشجع البشير على السعي لاحلال السلام في دارفور لانه يعرف انه لو لم يتحرك في فترة السماح المتاحة له الآن فإن مذكرة التوقيف ستصدر بالفعل".واضاف دريج الذي كان واليا سابقا لدارفور "انها خطوة ايجابية خصوصا بعد ان استنفذت كل السبل الاخرى".


SUDAN/DARFUR: RIUNIONE D'EMERGENZA LEGA ARABA SABATO A IL CAIRO

(ASCA-AFP) - Il Cairo, 14 lug - I ministri degli Esteri dei Paesi arabi terranno sabato una riunione d'emergenza per discutere del mandato d'arresto nei confronti del presidente sudanese Omar al-Beshir. ''E' stato deciso di tenere una riunione d'emergenza dei ministri degli Esteri arabi sabato qui al quartier generale della Lega Araba a Il Cairo'', ha detto ai giornalisti Hisham Yussef, portavoce del segretario generale dell'organismo Amr Mussa.La decisione arriva dopo che il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha formalmente presentato la richiesta di arresto per il presidente sudanese Omar al-Beshir per genocidio e crimini contro l'umanita' in Darfur.

SUDAN/DARFUR: CASA BIANCA INVITA ALLA CALMA, ESAMINEREMO DECISIONE CPI

(ASCA-AFP) - Washington, 14 lug - La Casa Bianca esaminera' il mandato d'arresto della Corte Penale Internazionale contro il presidente sudanese Omar al-Beshir invitando tutti a mantenere ''la calma''.''Invitiamo tutti a rimanere calmi. Monitoreremo la situazione all'Aia ed esamineremo cio' che il procuratore ha chiesto, ma - ha sottolineato il portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale Usa, Gordon Johndroe - noi non facciamo parte del CPI''.red
NO io volevo sapere chi deve essere processato parliamone tutti di tutto non dimendiciamo Vietnam Algeria 1.000.000 di vettimi, corea, Iraq fino oggi Sadam uscideva 10 alla settimana ma ora si uscidano 100 al giorno ........ che strana giustizia ....... FANTAZMA DELLA LIBERTà





Monday 14 July 2008

Chi non ha machiato la Sudan con sangue!



Procuratore dell'Aia chiede l'arresto del presidente sudanese per genocidio
Il Procuratore generale della Corte Penale Internazionale Moreno-Ocampo accusa Omar al Bashir di aver orchestrato una campagna di omicidi, stupri e deportazioni volta ad eliminare le tribù africane del Darfur. Il Sudan non riconosce l'atto formale d'accusa

L'Aja, 14 luglio 2008 - Il procuratore generale della Corte Penale Internazionale dell'Aia (Cpi) ha chiesto l'incriminazione del Presidente sudanese Omar al Bashir per il reato di genocidio nel Darfur. Il Procuratore Moreno-Ocampo accusa il Presidente sudanese di aver orchestrato una campagna di omicidi, stupri e deportazioni volta ad eliminare le tribù africane del Darfur.
Il Procuratore ha chiesto alla corte di spiccare un mandato di arresto contro al Bashir per scongiurare nuovi omicidi da parte della milizie arabe dei janjaweed (diavoli a cavallo, ndr) sostenute dal governo. A suo giudizio il genocidio è ancora in corso nella regione occidentale del Sudan e deve essere fermato.
Il Sudan non riconosce l'atto formale d'accusa con cui il procuratore capo del tribunale Penale Internazionale ha chiesto l'arresto del presidente, Omar al-Beshir, per i reati di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra compiuti nel Darfur. Lo ha reso un portavoce del governo di Khartoum.

DARFUR/ CORTE DELL'AIA INDAGA DAL 2005 SU MANDATO ONU - SCHEDA

Il procuratore della Corte penale internazionale (Cpi) indaga sul Darfur dal 2005, dopo l'approvazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu, e chiede dal febbraio 2007 l'arresto di due cittadini sudanesi per crimini di guerra e contro l'umanità.
Il procuratore, l'argentino Luis Moreno-Ocampo, dovrebbe presentare oggi la sua richiesta di incriminazione per il Presidente sudanese Omar al Bashir, per crimini contro l'umanità.
Nel marzo 2005, il Consiglio di Sicurezza dell'Onu ha approvato la risoluzione 1593 con cui ha rinviato alla Cpi il giudizio sui crimini commessi in Darfur. Si è trattato del primo caso affidato dal Consiglio di sicurezza al procuratore, come prevede il trattato di Roma, atto fondativo della corte. La giurisdizione della Cpi può infatti estendersi a uno Stato che non ha sottoscritto il trattato su incarico del Consiglio di sicurezza.
Nella risoluzione si legge che, "constatando che la situazione in Sudan continua a rappresentare una minaccia alla pace e alla sicurezza internazionale", il Consiglio di sicurezza "decide di deferire al procuratore della Corte penale internazionale la situazione in Darfur a partire dal 1 luglio 2002" e ricorda che "il governo sudanese e tutte le altre parti in conflitto del Darfur devono cooperare appieno con la Corte e il Procuratore".
Nel febbraio 2007, Moreno-Ocampo ha chiesto l'incriminazione per crimini di guerra e contro l'umanità dell'ex ministro dell'Interno e attuale ministro per gli Affari umanitari, Ahmed Harun, e per il leader dei miliziani janjaweed Ali Kosheib. Come prevede la procedura della Corte, i giudici hanno valutato gli elementi di prova forniti dal procuratore e nel maggio 2005 hanno emesso due mandati di arresto internazionale. Avrebbero anche potuto emettere un mandato di comparizione.
La stessa procedura sarà applicata oggi, quando Moreno-Ocampo presenterà le conclusioni di nuove indagini. Come accaduto per gli altri due sospetti, pare dubbio che il Presidente sudanese compaia davanti alla corte. La Cpi non dispone infatti di alcuna forza di polizia, dipendendo dalla volontà degli stati per far eseguire i mandati di arresto. Il Presidente sudanese si è sempre rifiutato di estradare i due sospettati, sostenendo che saranno giudicati da un tribunale sudanese.

No comment la foto del bambino dice tanto e basta .................................................azim
Oh lo so che ora sono il nemico del governo NO. 1 MA NON MI NE FREGA NULLA.

Saturday 12 July 2008

La fine del Al bashir



Darfur, accuse al Sudan per genocidio
Il Procuratore generale della Corte penale internazionale (Cpi), Luis Moreno-Ocampo, chiederà lunedì prossimo ai giudici dell'Aia di spiccare un mandato di arresto contro il Presidente del Sudan, Omar al Bashir, per genocidio e crimini contro l'umanità commessi nella regione del Darfur.
Stando a quanto riferito al Washington Post da funzionari Onu e diplomatici, al Bashir dovrà rispondere all'accusa di aver orchestrato una campagna di violenze nel Darfur che ha portato alla morte di centinaia di migliaia di civili negli ultimi cinque anni.
Giovedì, la Cpi ha annunciato per lunedì prossimo la presentazione di nuove prove da parte di Moreno-Ocampo dei crimini commessi nella regione sudanese dall'inizio della guerra civile, nel febbraio 2003, chiedendo l'incriminazione di uno o più sospetti.
«Presenterò i fatti e le prove ai giudici, che avranno poi due, tre mesi per decidere», ha detto due giorni fa lo stesso Procuratore generale riferendo a una giuria per le istanze preliminari (la Pre-Trial Chamber), composta da giudici provenienti da Brasile, Ghana e Lettonia. «Chiederemo di spiccare un mandato di arresto e i giudici dovranno valutare le prove», ha aggiunto.
Fino ad oggi, Moreno-Ocampo ha fatto spiccare due mandati di arresto per crimini di guerra e contro l'umanità per l'ex ministro dell'Interno Ahmed Harun, oggi ministro degli Affari umanitari, e il leader delle milizie arabe dei janjaweed (diavoli a cavallo, ndr) Ali Kosheib. Mandati di arresto che non hanno però avuto seguito, a fronte del rifiuto di Khartoum di consegnare i due ricercati all'Aia. L'incriminazione di al Bashir confermerebbe così il coinvolgimento dei più alti esponenti di governo nelle atrocità commesse negli ultimi anni nella regione, denunciato da diverse organizzazioni umanitarie, accusati di aver armato la milizia locale araba dei janjaweed per reprimere la rivoltà delle tribù africane del Darfur contro Khartoum.
Tuttavia, molto funzionari Onu temono che l'iniziativa di Moreno-Ocampo possa mettere a rischio la già fragile missione di pace congiunta Onu-Unione africana dispiegata nella regione. «La missione è così fragile, non ci vorrà molto per far finire tutto a pezzi», ha detto una fonte Onu. Altri sostengono che un mandato di arresto rischia di minare anche i negoziati di pace tra Khartoum e i ribelli, anche se molti sottolineano che Bashir non si è mai impegnato per favorire un accordo politico. Dura la reazione dell'Ambasciatore sudanese all'Onu, Abdalmahmood Abdalhaleem Mohamad: «Ocampo gioca con il fuoco. Se le Nazioni Unite sono veramente impegnate in Sudan, dovrebbero dire a quest'uomo di sospendere quello che sta facendo con questa cosiddetta incriminazione. Ci saranno gravi ripercussioni».
Per John Prendegast, co-presidente della campagna Enough Project contro i crimini contro l'umanità, «Bashir userà di certo l'incriminazione per giustificare le sue orribili reazioni, come limitare gli aiuti umanitari e imporre altre restrizioni alla missione di pace, ma se la comunità internazionale si mostrerà ferma e farà chiaramente intendere che questo genere di risposte non hanno altro effetto che peggiorare la situazione per Bashir, allora protrebbe cedere».
Pubblicato il: 11.07.08

Insomma tutto il mondo non stai sito per quello che stato e sta ancora sucedendo a Darfur ma ce che paga il prezzo alto!!??

Thursday 10 July 2008

Demograzia

09/07/2008, ore 14:21
DARFUR, DOPO TANTO ORRORE FINALMENTE UNA SPERANZA
Di Serena Grassia
Dal Darfur, martoriata regione occidentale del Sudan, tristemente nota per le atrocità commesse ai danni dei civili, giungono segnali di speranza.A fine luglio, il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha autorizzato il dispiegamento di una delle missioni di pace più consistenti che la storia abbia mai conosciuto. Entro la fine dell'anno, infatti, alle esigue forze dell'Unione Africana presenti sul territorio si aggiungeranno migliaia di soldati e poliziotti, rasentando la mole di ventiseimila unità di peacekeepers.L'Unione Europea, invece, dispiegherà circa tremila o quattromila soldati nella parte orientale del Ciad, al confine con il Darfur, a partire da ottobre.Dal 2003, quando cominciò la rivolta in Darfur, si stima siano morte circa 200mila persone, mentre gli sfollati e i rifugiati fuggiti in altre zone della regione o in paesi confinanti sono circa due milioni. Una vera tragedia umanitaria, se si pensa che il Darfur è un'arida regione grande quanto la Francia, abitata da una Babele di popoli diversi per tradizioni, lingua e metodi di sostentamento, ma uniti dalla comune fede nell'Islam. I Baggara, nomadi ed allevatori di camelli, si identificano come "arabi", mentre le tribù dei Fur, dei Zaghawa e dei Massaleit, coltivatori, sono di matrice "africana".Nel 2003 le tensioni tra i diversi gruppi, accentuate dalla povertà e dalla scarsezza di risorse, dalla siccità e dalla sempre più devastante desertificazione, esplodono. Ma non hanno natura religiosa, a differenza che nel Sudan Meridionale. Scoppia la rivolta delle tribù africane, da sempre ostili al governo di Khartoum, accusato di ignorare i bisogni del Darfur e di investire esclusivamente in altre regioni.I janjaweed, milizie arabe sostenute, pare, dal governo sudanese, iniziano un'autentica campagna di terrore: attaccano i villaggi africani compiendo razzie in ogni dove, stuprano le donne ed appiccano il fuoco distruggendo campi e abitazioni. Migliaia di morti e milioni di sfollati, messi in fuga dall'esercito sudanese che inizia a bombardare dal cielo i villaggi sottostanti.Si apre così un vortice di violenza inarrestabile che, a macchia d'olio, si insinua all'interno delle varie fazioni ribelli (almeno 13), già in contrasto con i gruppi arabi. E così, il conflitto, che in origine aveva interessato solo il Darfur, si è esteso al Ciad e alla Repubblica Centrafricana, rischiando di scatenare una guerra regionale.Oggi la sopravvivenza degli oltre due milioni di sfollati nei giganteschi campi profughi dipende in maniera quasi totale dalle agenzie umanitarie. Le donne, costrette ad uscire dagli insediamenti per avventurarsi alla ricerca di legna da ardere, sono a rischio costante di violenza sessuale. I bambini hanno spesso assistito all’uccisione dei propri familiari e, lasciati soli, sono ancora più vulnerabili. Nei campi c’è bisogno di tutto, dalle tende alle coperte e dai kit di sopravvivenza ai medicinali.


SUDAN: UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE ACCENDE SPERANZE DI DEMOCRAZIA
Di Serena Grassia
Dopo oltre venti anni, il Sudan potrebbe finalmente avere le prime consultazioni democratiche grazie ad una nuova legge elettorale approvata oggi. Le elezioni si dovrebbero tenere l'anno prossimo secondo quanto previsto dagli accordi di pace del 2005, che hanno posto fine a una guerra civile durata 21 anni. Yasir Arman, eletto in parlamento nelle fila del Sudan People Liberation Movement (Splm), ha però raffreddato gli entusiasmi: "Elezioni libere in Sudan, non sono ancora possibili. Prima bisognerebbe cambiare la legge sulla stampa e i media, poi quella sulla sicurezza e, infine, anche il codice penale". L'Splm è il partito principale del Sudan meridionale che, in base agli accordi del 2005, è regione autonoma. Per il 2011 è previsto un referendum che dovrebbe sancire la definitiva secessione da Khartoum.

FINALMENTE...........................................AZIM

Wednesday 9 July 2008



Africa da leggere sotto l'ombrellone
07/07/2008
Mucca nera chiazzata
a cura di Elio Boscaini
La nostra mamma comune era africana. Così dice il nostro Dna. Normale, dunque, che un’africana faccia la modella. Ecco l’autobiografia di Alek Wek che, secondo People, è tra le 50 persone più belle al mondo. Da Nigrizia di giugno

Settima di nove figli, Alek (significa “mucca nera chiazzata”) nasce e cresce in una tipica famiglia dinka, nella cittadina di Wau, nel sud-ovest del Sudan. Il nome della mamma è Akuol, cioè “zucca”. Nome appropriato, perché, come lei, questi ortaggi sono molto utili e importanti per la vita nei villaggi: oltre che come cibo, sono usati come zuppiere e contenitori per l’acqua. «Mia madre era come una zucca: molto servizievole».
Dal padre, Alek eredita il corpo slanciato, oltre un metro e ottanta. Grazie ai genitori, sfugge alle cicatrici sul volto, usanza tradizionale del suo popolo. Il papà, impiegato nelle scuole, «elegante, alto circa due metri, slanciato e di bell’aspetto», contrariamente alla tradizione, ha scelto di non essere poligamo. «È normale in Sudan che un uomo abbia più mogli». Tratta la moglie con rispetto e non è mai violento con lei. La consulta sempre prima di ogni decisione importante. I soldi, invece, è lei a gestirli: sequestra il salario appena arrivato e paga l’affitto e il mangiare.
I dinka, popolo pastore dall’indole forte e orgogliosa, hanno un rapporto speciale con le loro mucche. Il bestiame ha sempre giocato un ruolo centrale nella cultura ed è parte dell’identità etnica, perché rappresenta ricchezza e dignità. «A volte, i ragazzi del villaggio che conducono le mucche al pascolo infilano la testa sotto l’animale mentre sta urinando, e lasciano che il liquido scorra sui capelli e sul corpo. Lo fanno perché l’urina di mucca uccide i pidocchi e tiene lontane le zanzare. È solo un modo diverso di vedere il mondo e, a pensarci bene, quei ragazzi sono furbi a prevenire in questo modo le infestazioni, perché farmaci e insetticidi sono difficili da reperire in campagna».
La famiglia di Alek vive con le mucche in casa. Bisogna, quindi, raccogliere il letame – puntualmente con le mani – e gettarlo da parte. «Mentre eravamo a scuola, lasciavamo il letame a seccare e poi alla sera lo bruciavamo, perché il fumo tenesse lontane mosche e zanzare. Infine strofinavamo la cenere sulla pelle delle mucche, per tenere a bada le zecche. A volte usavamo la cenere – purificata dal fuoco – come dentifricio. Non avevamo spazzolini di plastica a quel tempo: masticavamo bastoncini di legno finché diventavano morbidi e poi li strofinavamo sui denti e sulle gengive. I bastoncini funzionavano bene da soli, ma ancora meglio con il letame in polvere. Tempo dopo, a ventisei anni, sono andata dal dentista per la prima volta. Mi ha detto che avevo denti incredibilmente sani, per cui mi sento di consigliare caldamente l’uso dei bastoncini e del letame in polvere per una corretta igiene orale! Ammetto però che quando ho lasciato l’Africa ho iniziato a usare spazzolino e dentifricio, non avendo più mucche a disposizione».
Un’infanzia normale, quella di Alek. Ma tutto cambia con l’arrivo dei soldati a Wau. La bimba ha otto anni quando la guerra del sud contro il governo centrale riprende con la sua sequela di sofferenze e lutti. Alek ha l’impressione di vivere in una base militare: «Iniziai a pensare che il governo doveva aver fatto qualcosa di sbagliato, se ora aveva bisogno di tutte queste forze per sostenersi». Inciampa nei cadaveri. «Questa era la guerra per me: cadaveri abbandonati a decomporsi».
I genitori decidono di lasciare Wau. Commovente l’addio della mamma alle mucche: «Parlò dolcemente a ciascuna mucca, chiamandola per nome, dando una carezza a una e una grattatina all’altra, assicurando loro che tutto sarebbe andato per il meglio. Giuro che le mucche ricambiarono le sue attenzioni con sguardi intensi».
La famiglia Wek marcia nella foresta per due settimane. Arriva al villaggio dei parenti di papà. I tempi son duri: si sopravvive. E Alek fa l’esperienza della differenza, anche antropologica, tra i figli di città e quelli di villaggio. Sei mesi dopo ritornano a Wau, ma papà parte per Khartoum per curarsi una gamba malconcia. Alek lo raggiunge. Non lo trova guarito, anzi. La figlia maggiore vorrebbe farlo venire da lei a Londra, ma come fare? Il papà muore.
Alek si trattiene un poco nella capitale: «Capivo che i musulmani arabi di Khartoum mi disprezzavano perché ero una ragazzina dinka e parlavo arabo, non essendo la mia lingua madre, con un forte accento». Si vive in venti in tre stanze e una sola latrina. L’amichetta Shara le rivela le mutilazioni genitali cui sono sottomesse le bambine musulmane con la circoncisione. Alek è inorridita.
A 14 anni, con la sorella Atheng, parte per Londra. «Al controllo immigrazione tutti avevano la pelle bianca: non immaginavo potessero esserci tanti bianchi su questo pianeta». Incontra la sorella emozionantissima: non la vedeva dall’infanzia. Stupore anche al mercato: c’è così tanta scelta! A Londra le sparisce la psoriasi che l’ha tormentata per anni.

Mentre un giorno passeggia con l’amica Natalie, una donna bassa e bionda le si avvicina e le dice: «Hai mai pensato di fare la modella?». «All’improvviso il Sudan, con i suoi haboob e i bambini soldato, sembrò molto, molto lontano… Era una favola: una ragazza di diciannove anni proveniente da un villaggio sudanese, afflitta da psoriasi quand’era bambina, adesso viveva nel cuore di Londra con gente interessata al suo look e fotografi che volevano ritrarla». Magia: una top model dalle «gambe lunghissime, la pelle molto scura, un volto tondo dai lineamenti tipicamente africani e i capelli corti e rossastri… La cosa strana della mia professione è che si può diventare molto famose in brevissimo tempo».
Inizia la spola tra Londra e New York. Ma che passione! «Ti trovano grassa, mi disse Mora. Vogliono che tu dimagrisca. Cosa? Per tutta la vita mi ero sentita dire che ero troppo magra. Nel corso degli anni ero quasi morta di fame, letteralmente, e ora venivano a dirmi che ero troppo grassa? Non potevo crederci. Questa è la maledizione delle modelle… Per quanto tu sia magra, qualcuno pensa sempre che potresti esserlo di più». Incontra anche Gianni Versace. «Il problema della mia professione è che tutti pensano che basti essere affascinanti e i soldi rotoleranno verso di te; ma la verità è che bisogna lavorare sodo e prendere la cosa sul serio, come qualsiasi altra carriera». Papà le diceva: «La vita non è un gioco, anche se può essere divertente».
Sta per cambiare il volto della cosmesi e della moda in America. Alek scopre d’essere «una sporca nera». «Il colore della pelle è una questione davvero complicata. In America molti afro-americani di pelle più scura idolatrano oppure criticano gli afro-americani più chiari. Non capisco quest’ossessione per i pigmenti. La scienza dice che il colore della pelle dipende quasi esclusivamente dalla geografia: chi vive nelle aree soleggiate, come lungo l’Equatore, nel corso delle generazioni sviluppa una pelle più scura per proteggersi dal sole; mentre chi vive nelle zone settentrionali ha la pelle più chiara per sfruttare al meglio i pochi raggi del sole e produrre vitamina D. La biologia è davvero molto semplice. Purtroppo la sociologia non lo è». Si rende conto che le paure della mamma erano fondate: sta posando nuda in cambio di denaro. Lavora per la pubblicità Lavazza e capisce che le pubblicità riflettono i modi in cui, a volte, le persone sono stereotipate. Immagini di colonialismo? Si stanca di essere vista solo come una “bellezza nera”, quasi scoperta nella savana, un’innocente primitiva della foresta, tirata su dal fango e addomesticata, senza distruggere la sua bellezza selvaggia. Si ribella alle operazioni commerciali «che mettevano insieme tutte le ragazze nere come se fossero una particolare razza bovina». Cosa vuol dire che ha “look africano”? Ma, finalmente, «anche i grandi stilisti sembrano capire che in Africa c’è bellezza».

Alek sfonda. Finisce sulla copertina di Elle. «Da un giorno all’altro ero diventata per tante persone un simbolo di libertà dalla tirannia della moda». Ma deve ancora «affrontare una sorta di razzismo istituzionale all’interno dell’industria della moda». Il successo le fa percepire l’ostilità.
Ma Alek non può fare solo la modella. Deve fare qualcosa per quella sua terra che ha lasciato in preda a una guerra senza fine. Così, compie un viaggio nel Sud Sudan, accompagnata dall’amica americana Mora. Il viaggio per El Tonj è una vera avventura, anche perché il territorio è controllato dai ribelli dell’Spla: «I gruppi ribelli hanno la fama di fuorilegge crudeli, ma questi uomini, nelle loro semplici uniformi, erano più educati di molti poliziotti dell’immigrazione che ho incontrato negli aeroporti in giro per il mondo». Ritrova zia Alwet: «Sentii un’emozione fortissima: ci abbracciammo e piangemmo con lunghi singhiozzi. Pensava che non mi avrebbe più rivista. Questa era la zia che tutti amavamo tanto e che aveva sofferto tanto, anche prima della guerra».
Alek è colpita dall’estrema miseria in cui vive la popolazione. E dà voce al suo popolo. Finalmente, un accordo di pace è firmato (2005) e Alek e la mamma (che l’ha raggiunta a Londra) possono far ritorno sulla tomba di papà.
Favola moderna di una ragazza del sud del mondo “scoperta” dalla talent scout Fiona Ellis? Forse. Di certo, una bellezza tra le più belle del mondo, oggi impegnata in azioni di volontariato a favore dei profughi del Darfur e di donne affette da malattie cardiache. Gratuità?

Monday 7 July 2008

Commercio L'italia sta movendo




COMMERCIO ESTERO: URSO IN MOZAMBICO CON 50 IMPRESE ITALIANE

(ASCA) - Roma, 7 lug - Parte dal Mozambico, da oggi al 9 luglio, il Piano Africa messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico. ''L'Africa ha pagato finora il costo maggiore della globalizzazione, ma e' anche il continente delle nuove opportunita', come si evidenzia dalla competizione che si e' sviluppata soprattutto da parte delle grandi potenze asiatiche: Cina, Giappone e India. Per questo l'Africa deve tornare a essere al centro della politica europea e italiana''.E' quanto afferma Adolfo Urso, sottosegretario allo Sviluppo Economico che, da oggi fino a mercoledi', e' in Mozambico per lanciare ''un programma biennale, messo a punto dal Ministero dello Sviluppo Economico, che prevede investimenti nel continente e che si sviluppera' fino al 2010 con missioni settoriali e asset specifici, con tre obiettivi precisi: approvvigionamento di materie prime, ricerca di nuovi mercati e potenziamento del turismo''.La missione, organizzata dall'Ice e dal Centro dello Sviluppo dell'Impresa di Bruxelles (CDE) in collaborazione con Assafrica, Simest e l'ambasciata italiana a Maputo, vede la partecipazione di oltre 50 imprese italiane che parteciperanno al primo workshop economico tra i due paesi e prevede anche incontri business to business con imprese africane.''Il nostro programma'' spiega Urso in una nota ''e' diretto a valorizzare le risorse specifiche di ciascun stato africano in cui andremo a lavorare in modo da favorire un rafforzamento delle economie locali. Il Piano Africa partira' dal Mozambico, uno stato ricco di gas e alluminio, con una crescita annua del Pil superiore al 7% e proseguira' poi in Angola per passare in Sud Africa, Sudan, Nigeria, Senegal, Mauritania, Tanzania e Capo verde''.Secondo Massimo Mamberti, direttore generale dell'Ice si vuole ''offrire agli operatori italiani l'occasione di acquisire una conoscenza diretta della realta' locale.Puntiamo - spiega - a creare nuove partnership commerciali, industriali e investimenti in un paese che ha un grande appeal per il Made in Italy''. Mentre Massimo D'Aiuto, amministratore delegato della Simest sottolinea che ''c'e' molto da fare e, attraverso un accordo di collaborazione con il CPI, l'agenzia governativa per la promozione degli investimenti, stiamo sviluppando una intensa attivita' di scouting nel paese. Il workshop che si tiene a Maputo sull'utilizzo del gas naturale nel trasporto pubblico e' il primo di una serie di seminari tematici che nascono dall'interesse concreto delle imprese italiane ad investire in Mozambico''

Saturday 5 July 2008

Varie news

Sudan/Darfur: Consegnate a palazzo Chigi 13.000 firme per stop a violenze

giovedì 03 luglio 2008
Non c'è Pace senza Giustizia e Partito Radicale nonviolento
Giovedì 3 luglio, alle ore 12.00, una delegazione del Partito Radicale Nonviolento e di Non c'è Pace Senza Giustizia, fornata da Matteo Mecacci, deputato radicale eletto nel PD, Vice-Presidente del Partito Radicale Nonviolento, Marco Perduca, Senatore radicale eletto nel PD, Vice-Presidente del Partito Radicale Nonviolento, Gianfranco Dell'Alba, Segretario di Non c'è Pace Senza Giustizia, Bruno Mellano, Presidente di Radicali italiani, Antonella Casu, Segretaria di Radicali italiani, Michele De Lucia, Tesoriere di Radicali Italiani, Antonella Dentamaro, coordinatrice delle Attività italiane di Non c'è Pace Senza Giustizia ha consegnato al Governo una petizione internazionale, sottoscritta da 13.000 cittadini di tutto il mondo, che chiede ai Paesi del G8 di intervenire sulla situazione del Sudan.
L'iniziativa rientra nel quadro della campagna "Stop Arms to Darfur", che vede riunite oltre cinquanta organizzazioni internazionali nella richiesta ai Paesi del G8 di intervenire con urgenza per porre fine alla violenza e all'impunità per gli atroci crimini commessi in Darfur. In particolare si chiede che il G8 adotti una dichiarazione con questi cinque punti fondamentali:
1. Ferma condanna alle rinnovate violenze in Darfur e richiamo a tutte le parti in causa affinchè rispettino l'accordo di cessate il fuoco.
2. Condanna della violazione in corso dell'embargo sulle armi secondo quanto stabilito dalla Risoluzione 1591 del Consiglio di Sicurezza. Richiamo a tutti gli Stati affinchè fermino il trasferimento diretto o indiretto di armi in Darfur.
3. Offrire assistenza da parte degli stati Membri del G8 affinchè le forze UNAMID abbiano gli equipaggiamenti tecnici necessari al dispiegamento immediato delle forze di pace.
4. Stesura di un piano specifico attraverso il quale i Paesi del G8 contribuiranno all'effettivo percorso di pace in Darfur e all'attuazione dell'Accordo di Pace (CPA).
5. Sostegno agli sforzi già in atto per ottenere giustizia e porre fine all'impunità per le atrocità e i crimmini contro l'umanità commessi in Darfur. Sostegno alla adozione di sanzioni nei confronti del Sudan qualora continui a non cooperare con la Corte Penale Internazionale.
Analoghe manifestazioni si terranno in tutte le capitali dei Paesi del G8 in vista del Summit di Hokkaido del 7-9 luglio prossimi: le organizzazioni inglesi consegneranno le firme a Downing Street, quelle americane alla Casa Bianca e così presso tutti le sedi dei governi.
Link all'audiovideo della manifestazione a Roma ripresa da Radio Radicale.
Leggi e firma la petizione ai leaders del G8
Leggi la lettera firmata da 50 organizzazioni internazionali

مظاهرة نسائية أمام البرلمان السوداني
تقرير محمد الطيب بي بي سي، الخرطوم
تظاهرت العشرات من نساء الاحزاب السياسية وناشطات في مجال حقوق المرأة امام البرلمان السوداني احتجاجا على تمثيل المراة في الانتخابات المقبلة عبر قوائم منفصلة كما اقرها مجلس الوزراء.
وكان البرلمان السوداني قد مدد جلساته لمزيد من التشاور والتداول حول البنود المختلف عليها في قانون الانتخابات.
وسلمت النساء المتظاهرات مذكرة للبرلمان يرفضن فيها التمثيل عبر القائمة المنفصلة معتبرة ذلك انه يعزل النساء عن احزابهن ويرسخ لاضعافهن وتهميشهن بما يقلل من مشاركتهن السياسية.
وطالبت المذكرة بانتهاج تمثيل المرأة من داخل القائمة النسبية الحزبية الموحدة الامر الذي يضمن لهن مشاركة فاعلة في العمل السياسي بما يقوي من النظام الديمقراطي خاصة وان البلاد مقبلة على الانتخابات على حد قول المذكرة.
وتقول زينب بدرالدين من الحزب الشيوعي السوداني احد المتظاهرات ( ان فصل النساء عن الرجال فكرة غير مقبولة وتكرس لمفهوم ( حوش الحريم) نحن نطالب بقائمة موحدة من داخل قائمة الحزب لان الاصل في الكوته(المقاعد المخصصة للمرأة) اعطاء فرصة للنساء لكي يصلن الى مواقع صنع القرار).
فيما وصفت سوسن الشوية عضو منبر نساء الاحزاب السياسية ومنظمات المجتمع المدني الجهة المنظمة للمظاهرة القائمة المنفصلة بانها اقصائية للمرأة ولا تتيح التنوع والمشاركة السياسية الكبيرة وتقول السوية " نحن كنساء لن نقف مكتوفي الايدي حتى ولو تمت اجازت ذلك من البرلمان" . وجهة نظر أخرى
بيد ان رئيسة الاتحاد العام للمراة السودلنية رجاء حسن خليفة اكدت في مسيرة اخرى مؤيدة ان القائمة المنفصلة تمنح للمرأة حق مشاركتها السياسية كاملا دون هضم لحقوقهن ويضمن لهن 112 مقعدا في البرلمان من 450 ويتيح لهن الفرصة اكثر في التنافس في التمثيل النسبي والدوائر الجغرافية.
واتهمت خليفة اللائي يطالبن بالقائمة الموحدة بانهن يعملن لصالح احزابهن السياسية وليس لصالح المرأة وان الخطوة التي يقومون بها بمثابة تبرع لحقهن للرجال دونما اي مبرر.
بينما استنكرت بدرية سليمان رئيسة لجنة التشريع والعدل بالمجلس الوطني هذه الخطوة معتبرة ان القائمة الموحدة لاتحقق مكاسب كبيرة بالنسبة للمرأة بخلاف القائمة المنفصلة وتقول" ان القانون نال على تراضي وتوافق كافة القوى الساسية، وهو في طور القراءة الثالثة والاخيرة، ووفق المادة 62 من الدستور فان هذا المطلب ينافي التمييز الايجابي للمرأة وفيه مجازفة وتضييع لحقوق المرأة لانه ليس هناك مايضمن حقوقها في القائمة الموحدة " .
يذكر ان المؤتمر الوطني والحركة الشعبية لتحرير السودان - شريكا الحكم في البلاد - قد أعلنا تجاوز خلافاتهما حول قانون الانتخابات الجديد في ظل تحفظ عدد من الأحزاب الأخرى الرئيسية بالبلاد.
ويرى مراقبون ان هذه الاحتجاجات جاءت في وقت متاخر ولن يكون لها اي مردود بعد ان تمت اجازة قانون الانتخابات من قبل مجلس الوزراء وهو طريقه للاجازة النهائية من البرلمان يوم الاثنين المقبل
Dal mitra al microfono
di Pierfrancesco Pacoda
La vita del bambino soldato a ritmo di rap. È "Warchild" l'album di Emmanuel Jal arruolato a sei anni dall'Armata di liberazione del popolo in Sudan

Emmanuel Jal
Sembra una di quelle storie di gangsta rap, ambientate trai ghetti di Compton, a sud di Los Angeles e Hollywood. Invece la vita di Emmanuel Jal si è consumata, sin dall'adolescenza, in campi profughi e luoghi di addestramento militare. Come un bambino soldato. A sei anni è stato arruolato dall'Armata di liberazione del popolo del Sudan, per combattere nella guerra civile che travolge il suo paese. In mano un mitra automatico e centinaia di chilometri da percorrere in bicicletta tra villaggi e foresta. Poi, a 14 anni, insieme a 400 coetanei, la fuga. Da allora, una 'carriera' da simbolo dell'infanzia oppressa, culminata nel film sulla sua vita presentato al Festival di Berlino. La scoperta dell'hip hop, le prime canzoni (una fa parte della colonna sonora del film con Leonardo DiCaprio, 'Blood Diamonds'), e ora un album, 'Warchild' che, in perfetto stile rap, racconta le esperienze con i ribelli, gli omicidi, le torture. A coronare la sua storia di redenzione sarà, a dicembre 2008, l'uscita, per la casa editrice St. Martins Press, della sua autobiografia.
(03 luglio 2008)

Wednesday 2 July 2008

Un Sudanese che ha scatinato la guerra!!

«Voglio andarmene», rivolta al Cpt di via Corelli
MILANO 01/07/2008 - Ennesima rivolta, ieri sera, al Cpt di via Corelli. Anche questa volta è stata la polizia a calmare gli animi in poco più di mezz’ora, dopo che un clandestino di 57 anni originario del Sudan ha scatenato una sommossa coinvolgendo anche altri connazionali e provocando il ferimento di un giovane volontario del 118.La rabbia dell’uomo, che è stato portato al Cpt poche settimane fa perchè trovato sprovvisto di documenti dopo un normale controllo, è esplosa, pare, per via di un ritardo nelle procedure per l’espatrio. L’uomo, a detta del suo avvocato, voleva tornare a in patria il prima possibile perché stufo dei «maltrattamenti subiti all’interno del centro».Come spesso accade in questi casi, lo straniero ha cercato la solidarietà degli altri immigrati, che gli hanno dato man forte. Il gruppo ha iniziato a spaccare sedie e vetri e ha divelto una panchina. Immediato l’intervento della polizia (già presente sul posto con un presidio fisso) cui ha dato man forte anche una volante inviata dalla Questura. In poco tempo gli agenti sono riusciti a sedare la sommossa e tutto è tornato alla normalità.Negli attimi di concitazione, però, è rimasto leggermente ferito un volontario del 118, colpito da un pezzo di vetro che gli ha provocato un taglio alla testa. Il sudanese che ha dato inizio alla rivolta sarà rimpatriato oggi. Sul posto è accorso il suo legale, Marina Vaciago: «Il mio assistito mi ha telefonato detto che il personale del Cpt lo stava maltrattando».

Tuesday 1 July 2008

Scarsità d'aquae legname


RIFUGIATI-CIAD: Si aggrava la scarsità d’acqua e di legnameDavid Axe

IRIBA, 30 giugno 2008 (IPS) - Tutte le mattine al sorgere del sole, Fatne Adbaraman attraversa per un breve tratto il campo profughi di Iridimi nel Ciad orientale con in mano una tanica da venti litri. La depone accanto ai contenitori delle altre donne presso il punto di distribuzione dell’acqua, poi aspetta il suo turno per assicurarsi la propria razione quotidiana di una delle risorse più scarse in Africa centrale, e fattore scatenante dei conflitti in corso nella regione.
La mancanza di un equo accesso all’acqua e alla legna è all’origine delle rivolte che stanno sconvolgendo oggi il Ciad, l’Africa centrale e la regione del Darfur, Sudan, spiega Alain Lapierre, tra i responsabili dell’organizzazione umanitaria CARE International. E queste sono infatti le due principali preoccupazioni di Abdaraman, oltre che degli altri 18mila rifugiati del Darfur del Nord a Iridima, e dei residenti originari della vicina città di Iriba. Queste due risorse vitali scarseggiavano già prima che il conflitto in Darfur portasse un ulteriore flusso di 250mila rifugiati nel Ciad orientale. E adesso si consumano molto più velocemente di quanto madre natura ci metta a riprodurli, e anche le nuove condizioni climatiche fanno la loro parte. Nonostante gli sforzi disperati dei gruppi umanitari, secondo le autorità locali la legna sarà esaurita entro il prossimo anno. E l’acqua potrebbe presto seguire la stessa sorte. Ma oggi c’è ancora acqua a sufficienza nel moderno sistema di distribuzione di Iridimi per riempire il contenitore di Abdaraman. E quando non c’è? “Vado fino all’altro pozzo”, spiega la donna mentre riempie la sua tanica da un rubinetto di acciaio inossidabile, e dei bambini fanno ressa intorno a lei.Ma l’altro pozzo è a mezzo miglio di distanza, e bisogna uscire dal campo. La cavalcata di mezz’ora a dorso di un mulo non solo è calda e fastidiosa, ma può essere anche pericolosa, visto l’intensificarsi del brigantaggio e dell’attività dei ribelli sudanesi nel Ciad orientale, quest’ultima soprattutto ad opera del gruppo “National Alliance” del Sudan, che tenta di rovesciare il presidente del Ciad, Idriss Deby. È un pozzo sempre aperto; profondo 15 metri, collegato direttamente con un bacino idrico sotterraneo. L'acqua è dolce, pulita e ricca di minerali. Il problema è che è stato scavato anni fa dai residenti di Iriba, e loro non vogliono che i rifugiati ne facciano uso. Subito dopo l’apertura del campo profughi a Iridimi nel 2004, intorno al pozzo sono cominciate le dispute tra le donne di Iriba e quelle del campo. Le due parti hanno formato un comitato locale di mediazione, ma oggi il pozzo è un luogo turbolento, dove le donne sgomitano per attingere l’acqua, anche se raramente scoppiano dei veri e propri scontri. Ma di fatto, il problema dell’acqua a Iridimi è appena cominciato - e sta avendo effetti devastanti anche sulla scarsità di legname. Adrian Djimdim, responsabile di CARE che lavora a Iridimi, dice che le sue squadre devono scavare sempre più in profondità per raggiungere la falda acquifera da cui poter ricavare nuovi pozzi. “E quando finalmente l’acqua si trova, potrebbe non essercene tanta quanta si pensava”, spiega Adboulay Dramon, un ingegnere di CARE. I due uomini stanno tentando di tutto per sfruttare al meglio le riserve d’acqua del campo. Dove le pompe elettriche moderne sono inadeguate, installano delle pompe manuali; e studiano nuovi sistemi per riuscire a catturare il più possibile dalle intense, ma brevi, piogge estive del Ciad. Di solito, l’acqua piovana scorre troppo velocemente verso i letti dei fiumi in secca - chiamati “wadis” - perché il terreno riesca a trattenerla rendendola disponibile per i pozzi. Così, Djimdim e Dramon hanno cominciato a costruire delle dighe lungo i wadis dentro e intorno al campo. “L’idea è di… rallentarla, così che possa essere assorbita dal terreno”, spiega Dramon. Hanno cominciato con un piccolo sistema di chiuse in uno dei wadi che va a finire in un giardino interno al campo. Quest’anno il loro grande progetto è una diga in cemento armato in un wadi più grande lì nei pressi. Ma anche questa diga rischia di rivelarsi un fallimento, visto che la stagione delle piogge in Ciad, che generalmente dura quattro mesi, è sempre più breve, un fenomeno che Lapierre attribuisce al cambiamento climatico globale. Anche se le piogge sembrano essersi normalizzate e le dighe funzionano come previsto, potrebbe essere già troppo tardi per salvare le riserve di legname sempre più scarse di Iridimi. L’Onu raccomanda ai rifugiati di prendere solo un chilo di legna al giorno, ci dice Caroline St. Mleux di CARE, ma ad Iridimi c’è solo un terzo di questa quantità per persona. E il problema si sta aggravando. Secondo il presidente di Iridimi Abu Abbaker Atom, la legna si esaurirà entro il prossimo anno.In un certo senso, il legname si è già esaurito. Nessuno raccoglie più legna secca a Iridimi - è semplicemente finita. Per poterla fornire ai rifugiati, l’organizzazione non profit locale Adesk percorre tutte le campagne. Ogni mattino alle 3, i raccoglitori di Adesk escono con dei camion pesanti per il trasporto del legname. Fanno ritorno a Iridimi 6 ore dopo con più di 3 tonnellate di rami secchi e curvi, elemosinati o rubati nel cortile di qualcun altro. Le donne del campo si arrampicano sul camion e tirano giù la legna per accatastarla, pesarla e distribuirla. Mentre pesa la sua catasta, Amdalal Usman Abakar spiega che non c’è mai legname a sufficienza per lei e i suoi sei figli (il marito è rimasto in Sudan). Ciascuna delle dieci aree del campo riceve solo una consegna al mese - e Adesk ha sempre più difficoltà nelle consegne. Prima, il gruppo trovava la legna subito fuori dal campo. Adesso i raccoglitori devono allontanarsi fino a 60 chilometri, talvolta anche oltre il confine col Sudan. Per ogni chilometro che devono percorrere, il loro lavoro diventa più costoso, più rischioso e con minori probabilità di successo. Piantare più alberi è l’unica soluzione sul lungo periodo di fronte alla scarsità di legname - e CARE ha un piccolo asilo a Iridimi, dove due turni di una ventina di lavoratori - tutti rifugiati - coltivano migliaia di nuove piantine. Ma molti di questi alberi giovani muoiono per mancanza d’acqua. Djimdim spiega che anche quando sopravvivono, ci mettono anni prima di cominciare a produrre legna. Nel frattempo, Iridimi ripone le proprie speranze su un’improbabile combinazione di alta tecnologia e vecchie tecniche: CARE sta distribuendo le stufe “Save 80” (“Risparmia 80”) del valore di 100 dollari a tutte le famiglie di almeno tre componenti. Queste stufe sofisticate, prodotte con un metallo che cattura il calore, utilizzano solo il 20 per cento della legna necessaria per un falò; da qui il loro nome. Ma a causa del loro costo, le stufe Save 80 fanno fatica ad inserirsi, sostiene St. Mleux. Così, molte famiglie di Iridimi hanno riscoperto i metodi tradizionali di racchiudere il fuoco in un guscio di terracotta, in sostanza ricalcando la tecnologia “cattura-calore” delle stufe Save 80. (FINE/2008)