Sudan and conflicts zones.

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Wednesday 28 May 2008

Dott. Gino Strada

Venezia
Gino Strada: La medicina è per il bene comune
Ha raggiunto il traguardo dei 14 anni di attività di Emergency, l’organizzazione umanitaria immaginata e realizzata da Gino Strada, che è presente nelle zone di emergenza sanitaria, con l’obiettivo di fornire a tutti non solo il pronto intervento medico sui fronti di guerra, ma anche l’eccellenza nelle cure laddove sembrerebbe un’utopia più che una concreta possibilità. Esempio in tal senso la clinica di cardiochirurgia dell’ospedale di Karthoum, in Sudan, aperta un anno fa e diventata in questi giorni oggetto di studio come modalità da seguire per i ministri della Sanità di molti paesi africani, riunitisi nell’isola di San Servolo, su iniziativa della Provincia di Venezia. Nell’occasione abbiamo incontrato Gino Strada, che peraltro ultimamente ha scelto Venezia come dimora.Dottor Strada, come mai è approdato a Venezia?Venezia è la più bella città al mondo e il mondo è sicuramente meno bello di Venezia, più incivile. Qui si vive bene perché non ci sono macchine, si cammina, ci si incontra e così si conoscono davvero le persone.Ma è davvero brutto il mondo?L’esistenza umana è una roba strana, viviamo come in un pollaio di 6 miliardi di persone per questo nella vita dovremmo fare cose di buon senso. Per un medico, come sono io, è una cosa di buon senso curare. E invece viviamo in uno strano mondo a testa in giù, come nelle prospettive geografiche rovesciate di fra Mauro (il monaco di Murano che nel XV secolo disegnò il planisfero rovesciato, <+corsivo>ndr<+no rientro>), così che le cose normali sono diventate straordinarie. Manca la capacità di capire chi siamo, la curiosità di capire i modi di vita diversi dal nostro.Anziché stabilire un limite tra noi e l’altro, si preferisce sottometterlo, bombardarlo. Questa non è solo una logica poco etica, ma brutta e noiosa, che non fa vivere bene. Non si vive bene sempre pensando di sottomettere l’altro, la vita diventa stressante e più si è stressati più si vive male. Essere medico può essere allora un modo per uscire dalla logica del conflitto?La medicina è un grande pass-partout: siamo qui a Venezia a parlare di medicina con i rappresentanti di Stati che magari sono in conflitto tra loro, eppure qui sono d’accordo e dicono di sì. La medicina sta a metà tra l’arte e la scienza, ha a che fare col nostro destino comune. Salvare la vita ad una persona è una rottura culturale, rompe la logica del conflitto perché tutti hanno bisogno di cure. La medicina apre uno spazio etico tra culture e popoli. Il problema è che c’è chi fa qualcosa e chi non fa niente, ma si sente autorizzato a creare problemi all’altro, a criticare. Nel nostro tempo c’è chi muore perché mangia troppo e chi muore perché non mangia niente. Che cosa l’ha spinta a fondare Emergency?In realtà le cose succedono non perché le pianifichi. Anni fa avevo voglia di capire come si riesce a fare il medico in condizioni di emergenza, come chirurgo volevo vedere come si opera dove non ci sono ospedali. E così ho incontrato la guerra e ho capito che si può fare qualcosa se si ha voglia. Dottor Strada, fra le molte cose che lei ha fatto e realizzato, che cosa la rende in particolare soddisfatto?Come medico sono in particolare soddisfatto di non essermi mai fatto pagare da un paziente per una visita o per una cura. Naturalmente come medico è giusto che io abbia il mio stipendio per vivere e poi ho scelto di non trovarmi nella situazione di dovermi far pagare direttamente. Ma sono molto soddisfatto anche dell’ospedale di cardio-chirurgia che è stato aperto da un anno a Karthoum, è un centro di eccellenza, il primo in Africa. Per questo il 3 maggio 2007, quando abbiamo cominciato lì la nostra attività, è una data che andrà nei libri di storia del Sudan, perché abbiamo dimostrato che l’eccellenza è possibile anche dove si vive in mezzo alle tempeste di sabbia. Nessuno potrà più dire che non è possibile. Fare ospedali ha un senso, salvare la pelle ha un senso perché fare è meglio del suo contrario. Bisogna imparare a guardare gli altri, chiedersi che cosa fare, perché è il bene comune che determina anche il bene individuale delle persone. Tiziana Agostini

Tuesday 27 May 2008

News del Sudan

Sudan News

Sudan: i ribelli denunciano arresti arbitrari del governo
martedì 13 maggio 2008
Il capo dei ribelli del Darfur del Slm, Movimento per la liberazione del Sudan, Abdel Wahid Nur ammonisce le autorità sudanesi a mettere fine agli arresti arbitrari, quasi 300 finora, come riporta il quotidiano Al Hayat, nella capitale Khartoum eseguiti dallo scorso fine settimana, dopo l'attacco al governo sudanese da parte del Movimento per la Guistizia e l'Uguaglianza (Jem). La stessa Organizzazione per i diritti umani del Sudan ha accusato le forze di sicurezza di aver organizzato, come rappresaglia contro i darfuriani, una vera e propria campagna razzista su larga scala.
Secondo Nur l'attacco a Khartoum lanciato dal Jem è spiegato dall'atteggiamento discriminatorio del governo contro i cittadini, come africani del Darfur. "Il regime sudanese dovrebbe smettere di arrestare le persone in base al colore della loro pelle - ha dichiarato oggi Nur al Sudan Tribune - perchè questo aggraverà solo le ferite dei civili scappati dal Darfur e riparati a Khartoum per sfuggire alla repressione in atto, iniziata cinque anni fa".
Nel frattempo, il governo ha raddoppiato la taglia sul capo dei ribelli del Jem, Khalil Ibrahim, tenuto responsabile dell'attacco della scorsa settimana, portandola a 246 miloni di dollari per chiunque possa fornire informazioni utili per la sua cattura. Il leader del Movimento per la Giustizia e per l'Uguaglianza ha dichiarato, in un'intervista telefonica all'Associated Press, che continuerà a sostenere le sue truppe nella guerra contro il governo.
La televisione di Stato ha dichiarato che Ibrahim potrebbe trovarsi nel nord del Darfur in una zona desertica e ha fornito un numero di telefono per favorire ulteriormante i cittadini qualora fossero in possesso delle informazioni richieste per la cattura del leader ricercato. Ibrahim potrebbe trovarsi anche in Ciad dati i legami familiari tra il leader del Jem e la potente etnia Zaghawa, che ha base in Ciad.
A tal proposito, il presidente del Sudan, Omar al Bashir, ha minicciato il Ciad di rappresaglie in quanto sostenitore dei ribelli in Darfur. Ieri sera è stata annunciata la chiusura delle frontiere.
Questo è solo l'ultimo episodio del tristemente famoso conflitto in Darfur iniziato nel 2003 quando le tribù africane dei Fur, Zaghalit e Masalit hanno messo in atto una vera e propria rivoluzione contro il governo della capitale Khartoum per rivendicare una maggiore partecipazione all'amministrazione politica del paese e una più equa distribuzione della ricchezza per impiegarla nella regione povera e sottosviluppata e afflitta dall'avanzamento del deserto. Il governo ha risposto con bombardamenti aerei e con l'attacco dei miliziani janjeweed. Dal 2003 si contano per questo conflitto più di 300mila morti e 2,5 milioni di profughi.
Il Movimento per la liberazione del Sudan denuncia il governo di sterminio di massa, deportazione forzata, pulizia etnica contro il Darfur e chiedono il riconoscimento della multireligiosità, multietnicità e multiculturalità in Sudan, e garanzie per le libertà pubbliche e individuali, di culto e di espressione contro l'odio, il razzismo e la discriminazione. I ribelli di Nur annunciano il loro "pieno sostegno e appoggio al passo compiuto dal Jem nel suo confronto militare con il regime", come dichiarato in un comunicato stampa inviato ad Apcom precisando di aver messo "tutte le forze in stato di massima allerta per garantire loro ogni appoggio". "Portare la battaglia a Khartoum è una necessità assoluta per abbattere il regime militare e porre fine alle sofferenze degli emarginati, in particolare quelli del Darfur", prosegue la nota, "necessità di sviluppare nuove modalità di resistenza contro il regime, compiendo azioni che lo costringano a riconoscere i loro diritti". Il comunicato si conclude con un appello al popolo sudanese, perchè sostenga il Jem, e ai propri militanti perchè "offra le informazioni d'intelligence".
SERENA FERRETTI
Ho già dennuciato l'aresto cosi di folia che stato fatto del'americani tedeschi in tutto il mondo sembere quando sucede qualcosa arrestano tanti inocenti.......azim

Saturday 24 May 2008

ROVINA DEL SUDAN E SUA POPOLO

DARFUR/ LEADER RIBELLI JEM: ATTACCHEREMO GOVERNO FUORI DAL DARFUR
Portavoce Slm: ci stiamo coordinando con tutte le fazioni ribelli
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1 giorno fa da APCOM
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Roma, 22 mag. (Apcom) - Il leader dei ribelli del Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), Khalil Ibrahim, si dice pronto a lanciare attacchi al governo sudanese fuori dai confini territoriali del Darfur, ma non esclude colloqui di pace con Khartoum per una risoluzione pacifica del conflitto in atto dal 2003 nella regione occidentale del Paese.
"L'incursione a Khartoum - ha detto Ibrahim al quotidiano panarabo al Sharq al Awsat - ha dimostrato le nostre capacità e che il governo sudanese è una tigre di carta, la cui unica forza è la propaganda. Da oggi non combatterò più in Darfur". Contattato da Apcom, anche un portavoce dell'altro gruppo di ribelli del Darfur, il Movimento per la liberazione del Sudan (Slm), ha riferito di consultazioni in corso per coordinare l'azione di tutte le fazioni dei ribelli, circa 10, contro il governo di Khartoum, "fuori dal Darfur". Secondo il portavoce dell'Slm, il conflitto sarebbe entrato in una "nuova fase", dal momento in cui Khartoum ha cominciato a prendere di mira i darfuriani in tutto il Paese.
Nell'intervista, Ibrahim ha offerto anche la sua versione dei fatti sull'attacco lanciato il 10 maggio scorso a Omdurman, sulla riva opposta del Nilo rispetto a Khartoum, smentendo di essere fuggito. "Dopo l'attacco sono rimasto per 72 ore a Omdurman, senza nascondermi - ha raccontato - a nascondersi sottoterra, in luoghi prestabiliti, sono stati i simboli del regime".
Ibrahim non chiude però le porte a un negoziato di pace: "l'opzione della pace è ancora in piedi, ma ripeteremo l'attacco più volte in caso di un rifiuto del governo di Khartoum". Nei giorni scorsi, il Presidente dell'Unione africana (Ua), Jean Ping, ha avviato una mediazione di pace tra Sudan e Ciad, accusato da Khartoum di sostenere i ribelli, e ha affermato che l'attacco contro la capitale non fermerà il negoziato di pace avviato dall'Ua e dalle Nazioni Unite.
Il conflitto è scoppiato in Darfur nel febbraio 2003, quando le tribù africane dei Fur, Zaghalit e Masalit hanno imbracciato le armi contro il governo arabo di Khartoum per rivendicare una maggiore partecipazione all'amministrazione del Paese e una più equa distribuzione della ricchezza nazionale, da investire nella regione, afflitta da sottosviluppo e dall'avanzare della desertificazione. Sono almeno 300.000 le persone morte finora, stando a stime Onu, e oltre 2,5 milioni i profughi
Ora attachi vendetta una e l'altra cosi siamo barbari e assasini.....sia da parte del Governo legittimo sia del Jem e Slma ma cosa stano cercando questi capi dico io LA ROVINA DEL POPOLO SUDANESE............AZIM

Tuesday 6 May 2008

Bambardamenti perche???


Aerei governativi bombardano villaggio del Darfur, uccisi 14 civili
L'attacco avrebbe colpito il villaggio di Shugaga Karo e l'area di el Ain, nel nord della regione occidentale del Sudan. Tra le vittime almeno 4 bambini
Roma, 5 maggio 2008 - Sarebbe di 14 civili uccisi, tra cui almeno 4 bambini, il bilancio - ancora confuso e contrastante in base alle fonti - di un bombardamento compiuto ieri dall`aviazione sudanese nel nord del Darfur. Lo riferisce l'agenzia Misna citando il portavoce del movimento per la Giustizia ed Uguaglianza (Jem), Ahmed Hussein Ahmed, secondo cui l'attacco avrebbe colpito il villaggio di Shugaga Karo e l'area di el Ain, nel nord della regione occidentale del Sudan. Ahmed ha condannato "il bombardamento sistematico della popolazione civile del Darfur da parte delle truppe governative".
Secondo fonti di stampa internazionale, tuttavia, l'aviazione avrebbe colpito, oltre che abitazioni civili, anche una scuola elementare, provocando 13 morti tra cui sette bambini. Né il governo di Khartoum né le organizzazioni internazionali presenti sul territorio hanno ancora confermato la notizia dell'attacco, mentre l'esercito sudanese ha ripetutamente negato di aver effettuato bombardamenti nella regione, che costituirebbero una violazione di una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Onu che proibisce qualunque volo militare che abbia carattere offensivo.
الفصائل المنضمة لاتفاق أبوجا تعلق المشاركة في الحكومة السودانية
علقت الفصائل الموقعة على اتفاق ابوجا لسلام دارفور مشاركتها فى حكومة الوحدة الوطنية احتجاجا على ما أسمته البطء فى تنفيذ بنود ما تم الاتفاق عليه في مايو/آيار 2006 .
وحمل فصيل ميني أركو ميناوي بحركة تحرير السودان أبرز الموقعين على اتفاق أبوجا المؤتمر الوطني لحاكم مسؤولية التباطؤ في تنفيذ الاتفاقية .
واتهم ميناوي كبير مساعدي الرئيس السوداني ورئيس السلطة الانتقالية لاقليم دارفور في مؤتمر صحفي عقده الأحد الحكومة بأنها غير راغبة في اعادة النازحين واللاجئين الى مناطقهم.
لكن المؤتمر الوطنى الحاكم لا يقر بوجهة نظر شركائه فى اتفاق سلام دارفور.
ويرى الحزب الحاكم أن معظم بنود الاتفاق تم تنفيذها ، وان عقبات موضوعية حالت دون تنفيذ بعضها.
في الوقت ذاته اتهم حسن برقو القيادي في المؤتمر الوطني حاملي السلاح من بقية فصائل التمرد بإعاقة جهود تنفيذ الاتفاقية واستخدامهم النازحين واللاجئين كدروع بشرية لتنفيذ مخططاتهم.
ووصف برقو الحركات الموقعة على اتفاق أبوجا بانها تعاني من الخلافات الداخلية فيما بينها الامر الذي اثر على سير الاتفاقية على حد قوله.
يذكر ان اتفاقية السلام الموقعة في ابوجا قد اكملت عامها الثاني من دون ان يتحقق سلام ملموس على ارض الواقع في الاقليم.
وتشير تقارير الامم المتحدة الى ان حالة الانفلات الأمنى لا تزال تسجل مستويات عالية ، وتعوق الجهود المبذولة لتحسين الوضع الانسانى وتوصيل المساعدات الى ضحايا الصراع. الوضع الميداني
وفي تطور آخر قالت حركة العدل والمساواة الغير منضمة لاتفاق أبوجا إن 14 مدنيا قتلوا في غارات شنتها القوات الحكومية السودانية على مدى ثلاثة أيام على ولاية شمال دارفور.
وذكر أحمد حسين آدم متحدث باسم الحركة لوكالة فرانس برس إن ثلاثة نساء وطفلين كانوا ضمن 11 قتيلا سقطاو في غارة الأحد استهدفت سوقا في قرية شقيق كارو.
وقال آدم إن هجمات الجيش السوداني" تستهدف عمدا المدنيين" مؤكدا أنه لم يكن هناك أي عنصر مسلح من المتمردين في المناطق التي تعرضت للقصف.
وأضاف أنه أصبح واضحا أن الحكومة السودانية لاتريد التوصل إلى أي حل سياسي. وكانت الأمم المتحدة قد اعلنت الشهر الماضي أن عدد ضحايا النزاع في إقليم دارفور وصل إلى 300 ألف قتيل بينما تقول الخرطوم إن العدد أقل من ذلك بكثير

Monday 5 May 2008

Delema of Darfur civil war


Ancora violenze in Darfur e inaccettabile comportamento del Sudan
Scritto da Claudia Colombo
martedì 28 agosto 2007
on una decisione che non mancherà di far discutere il governo sudanese ha deciso di espellere il direttore per il Sudan della organizzazione non governativa Care International. Secondo la Commissioni Affari Umanitari del Sudan, Paul Parker, questo il nome del direttore di Care, si sarebbe macchiato del reato di intromissione negli affari interni sudanesi e di cospirazione contro il Governo di Khartoum.
Tutto nasce da una serie di comunicati diffusi dalla sede di Khartoum di Care International secondo i quali la situazione in Darfur stava ulteriormente peggiorando. Stando a quanto appreso da fonti giornalistiche in Sudan, questo sarebbe stato interpretato dalle autorità sudanese come una palese intromissione negli affari interni del paese e come tentativo di cospirazione contro il Governo sudanese attraverso la diffusione di notizie false e tendenziose.
Secondo quanto stabilito dalla Commissione stessa Parker dovrà lasciare il Sudan entro 72 ore dopo di che sarà considerato alla stregua di un immigrato clandestino e quindi imprigionato. Con la stessa accusa nei giorni scorsi erano stati espulsi dal Sudan anche due diplomatici occidentali, l’incaricato d’affari canadese e il rappresentante della Commissione europea a Khartoum, anche se in quest’ultimo caso dopo l’intervento della Commissione Europea l’espulsione è stata sospesa a tempo indeterminato.
Riteniamo questo comportamento del Sudan totalmente inaccettabile in quanto vuole chiaramente impedire qualsiasi diffusione di notizie riguardanti il Darfur, in special modo quelle riguardanti la regione settentrionale dove negli ultimi giorni si sono riaccesi violenti combattimenti.
A tal proposito va segnalata la furente polemica a distanza scoppiata tra il fondatore del Movimento di Liberazione del Sudan, Abdelwahid al-Nur, e l’inviato speciale dell’Unione Africana in Sudan, Salim Ahmed Salim. Quest’ultimo, in visita in Darfur per convincere tutti i capi ribelli a partecipare ai prossimi colloqui di pace, durante un colloquio con alcuni esponenti dei gruppi ribelli riferendosi alla decisione di al-Nur di non partecipare a nessun colloquio di pace sino a quando non sarà stabilito un cessate il fuoco ha detto: “io accetto la posizione di al-Nur, ma non accetto la sicurezza totale come una precondizione ai colloqui, che sono l’unico modo per assicurare una sicurezza duratura alla regione”
Piccata la risposta di Abdelwahid al-Nur che ha detto ad alcuni rappresentanti delle Organizzazioni non governative presenti in Darfur: “l’inviato dell’Unione Africana (UA) farebbe bene a non chiudere gli occhi sulla realtà e per questo lo invito a non complicare la crisi attuale. Nella regione settentrionale si sta combattendo ferocemente e Khartoum fa uso sistematico degli aerei e delle milizie janjaweed. Come possiamo sederci ad un tavolo delle trattative mentre la nostra gente viene massacrata?”
In mezzo a tutto questo susseguirsi di eventi continua l’imbarazzante immobilità della comunità internazionale e ancora non si è deciso quando prenderà il via la missione di pace ibrida, ne chi fornirà i militari necessari, il tutto mentre ogni giorno la gente in Darfur continua a morire. In compenso si accetta passivamente ogni decisione presa dal governo sudanese anche quando queste decisioni vanno palesemente a danno dei milioni di rifugiati.
Claudia Colombo per Watch International
SONO adolorato per questa guerra civile che dura con il tempo ma senza aver fatto nulla che uscidere essere uomani e basta ..........................................azim

Friday 2 May 2008

Testimoni occulare

Vincere l’orrore, la straordinaria lezione di Daoud
Ci sono uomini che nascono con una grande anima, uno di questi è senz’altro Daoud Hari, autore del bellissimo libro autobiografico Il traduttore del silenzio (piemme edizioni). L’ho intervistato per il Giornale. Non lo conoscevo e ne sono rimasto conquistato. Per capire la tragedia del Darfur e del popolo degli zaghawa, le sue pagine autobiografiche valgono più di qualunque approfondimento. Ma anche se non siete interessati al dramma di questa regione del Sudan, ascoltatelo.Scoprirete un uomo che è stato testimone di orrori inimmaginabili, che è stato torturato e più volte sul punto di essere giustiziato: chiunque di noi sarebbe rimasto segnato per sempre. Lui no, è riuscito a reagire nel modo giusto, a non perdere il gusto della vita. Dice: “Ho superato momenti atroci ripetendomi che dovevo trovare il modo di ridere un pochino ogni giorno, malgrado tutto, o il mio cuore avrebbe finito per esaurire quella felicità che lo fa battere“. Nelle sue parole non c’é traccia di odio, né di rancore. Se fosse cattolico sarebbe un francescano sulla via della beatitudine, se fosse ebreo sarebbe un Giusto, ma Daoud è solo un figlio del Darfur e della grandezza di una saggezza che in lui è innata. E’ un uomo straordinario che non si considera un maestro né un eroe, ma solo una persona che “cerca di vivere degnamente su questa terra“. Spendete pochi minuti per leggere la sua testimonianza, pubblicata sul Giornale un paio di giorni fa, non può che far bene.
Marcello Foa è nato a Milano nel 1963, è sposato e ha tre figli. Laureato in Scienze politiche all’Università degli Studi di Milano, ha iniziato la carriera giornalistica a Lugano nel 1984 alla Gazzetta Ticinese e poi al Giornale del Popolo, due quotidiani ticinesi. Nel 1989 è stato assunto al Giornale con la qualifica di vicecaporedattore esteri. Nel 1993 Indro Montanelli, all’epoca direttore del Giornale, lo ha nominato caporedattore esteri, incarico mantenuto per 12 anni.Dall’agosto 2005 è inviato speciale di politica internazionale con particolare attenzione per Russia, Francia, Germania, Turchia, Stati Uniti, il processo di unificazione europea e le questioni geostrategiche.Ha collaborato con numerose testate radiotelevisive, italiane e straniere tra cui Bbc Radio.Nel 2004 ha cofondato l’Osservatorio europeo di giornalismo (Ejo) presso l’Università della svizzera italiana (Usi) di Lugano. Ha focalizzato le proprie ricerche accedemiche sul fenomeno dello spin, finalizzandole nel saggio (Guerini e associati editore).Dal 2004 insegna giornalismo internazionale e comunicazione all’Università della Svizzera Italiana, rispettivamente per il corso di laurea e per il master. Ha tenuto lezioni all’Università degli Studi di Milano, all’Università Cattolica di Milano, all’Università di Bergamo, nonchè conferenze per associazioni pubbliche e private in diversi Paesi.
Solo voriei che sapete qualcosa di questi testimonianza ed il giornalista che ha intervestato questo ragazzo......................................................................azim