Sudan and conflicts zones.

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Wednesday 4 November 2009

Volti e colori da non dimenticare il Darfur.

Orizzonti: Volti e colori per non dimenticare il Darfur

A Palazzo Madama la mostra promossa dall'associazione "Italians for Darfur". La presidente Antonella Napoli: «L'iniziativa per sensibilizzare sull'emergenza umanitaria in Sudan» di Matteo RaimondiPer fronteggiare il silenzio che ruota attorno a troppe situazioni di crisi umanitarie nel mondo, alcune voci si levano a protesta. Il ruolo fondamentale della memoria, ma ancor prima quello della conoscenza, viene rivendicato come unico strumento nelle mani di coloro che non vogliono permettere all’indifferenza di occultare ciò che, in alcune regioni, accade. Una voce è quella della onlus “Italians for Darfur”, che ha allestito in questi giorni una mostra itinerante a Palazzo Madama per portare alla luce i fatti che dal 2003 stanno sconvolgendo il Darfur, nel Sudan occidentale.Fino al 10 dicembre, “Darfur, volti e colori per non dimenticare” si propone come obiettivo quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sull’emergenza nella zona e raccogliere fondi per la costruzione di un ospedale pediatrico nel Darfur. L’esposizione è ispirata al libro-reportage di Antonella Napoli, presidente dell’associazione e giornalista, che dal 2006 con la sua associazione si occupa di combattere l’indifferenza dei media italiani verso questa crisi. Patrocinata dalla Commissione per i diritti umani del Senato, la presentazione della mostra (avvenuta il 26 ottobre) è stata l’occasione per presentare una mozione al governo firmata dal senatore Pietro Marcenaro in cui si domanda un intervento italiano a sostegno della missione di peacekeeping in Sudan. (Nella foto una delle immagini in mostra).«Le attività dell’associazione – spiega Antonella Napoli – sono dirette da sempre alla promozione e alla protezione dei diritti umani delle libertà democratiche nel Sudan. Oggi più che mai, in vista delle elezioni del 2010 e del referendum che dovrebbe tenersi nel 2011». «“Volti e colori del Darfur” – prosegue – nasce dopo un viaggio realizzato nel 2007 tra gli sfollati dei campi profughi del Sudan. Ho raccolto le storie di uomini, donne e bambini che vivono un’esistenza ai limiti della sopravvivenza. Ho cercato di documentare tutta la loro disperazione con le immagini. Attraverso gli sguardi impressi nelle foto e le storie raccontate in questo libro ho cercato di toccare nel profondo il più ampio numero di persone possibile e contribuire così a tenere accesa la speranza che, continuando a parlare e denunciare la tragedia che si consuma in questa regione, un giorno si ponga fine a questa immensa crisi umanitaria».Antonella Napoli è rientrata da pochi giorni da una nuova missione in Darfur, nel campo profughi di Zam Zam. «Rispetto al 2007, quando con la Commissione esteri della Camera ho visitato Al Salam camp – ricorda – non ho trovato gli stessi volti scavati, ma uguale malnutrizione. Il degrado umano è dilagante è ascoltare giovani ragazze che raccontano gli stupri e le violenze subite è agghiacciante. Una donna, Myriam, mi ha raccontato di aver camminato per due giorni insieme ai suoi quattro figli per raggiungere il campo, dopo essere fuggiti dal villaggio, bombardato dall’esercito sudanese. Hanno ucciso suo marito davanti ai suoi occhi e quelli dei suoi figli: erano nascosti in un doppiofondo nella sua capanna, che fortunatamente non è stata bruciata. Dagli sguardi delle persone – prosegue – sembra sia svanita ogni speranza nel futuro. La situazione sanitaria rischia il tracollo. Nonostante, dopo l’espulsione di 13 organizzazioni internazionali che garantivano la distribuzione di cibo e assistenza umanitaria, il Programma alimentare mondiale abbia retto».Il 27 agosto il conflitto è stato dichiarato concluso. «Ma se la guerra fosse davvero finita – si domanda il presidente – perché allora negli ultimi dieci mesi la popolazione di Zam Zam camp sarebbe raddoppiata passando dai circa 60mila del 2008 ai 100mila attuali? Gli attacchi continuano. L’ultimo a Korma alcuni giorni fa. Con centinaia di feriti, quaranta morti e 5mila persone in fuga... se non è guerra questa».L’Osservatorio sulle crisi dimenticate ha scritto nel suo dossier del 2009 che le notizie e i servizi sulla situazione in Darfur sono incrementati dal 2007. Molta della visibilità è stata garantita dallo sforzo delle associazioni nel promuovere iniziative di sensibilizzazione come i “Global Day” del 2007 e il concerto all’Auditorium Parco della Musica nel 2008. Oggi lo spunto è la mostra “Darfur, volti e colori per non dimenticare”, a Palazzo Madama. «Ma non è ancora abbastanza – conclude Napoli –. Lo sforzo deve essere ancora maggiore, nella speranza che i media italiani accendano i riflettori una volta per tutte su questa crisi umanitaria».3 novembre 2009
Cry beloved Darfur for those who had been killed for nothing only because they are Darfurians, those women who had the obligation to seak wood for fire had been obliged to have sexual intercourse, we will vendicate all that sooner or later......Azim

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