Darfur, l'Africa si ribella
L'Unione Africana adotta una risoluzione che invita gli Stati membri a non collaborare con la Corte Penale Internazionale
E adesso, Hassan Omar al Bashir può tirare un sospiro di sollievo. Il presidente sudanese, contro cui la Corte Penale dell'Aia (Cpi) ha emesso un mandato di cattura internazionale per i crimini commessi durante la guerra in Darfur, potrà viaggiare liberamente per l'Africa, grazie a una risoluzione adottata dall'Unione Africana (Ua) nell'ultimo summit, tenutosi recentemente a Sirte, in Libia. Il documento invita gli stati del continente (anche a quelli che hanno ratificato il Trattato di Roma che ha istituito la Cpi) a rifiutare la consegna di qualsiasi personalità africana ricercata dalla Corte.
Anche se la risoluzione non è vincolante e ogni stato potrà decidere se rispettarla o meno, è indubbio che il documento, presentato dalla presidenza libica e adottato senza un voto formale di approvazione, segni l'aperta spaccatura tra due istituzioni che, negli ultimi mesi, hanno visto decisamente peggiorare i reciproci rapporti. L'Ua non ha mai digerito il fatto che la Cpi e l'Onu non abbiano sospeso per un anno il mandato di cattura contro Bashir (una decisione che può essere adottata dal Consiglio di Sicurezza), un periodo che, secondo alcuni stati membri, avrebbe potuto permettere di arrivare alla fine di una guerra che, dal febbraio 2003, ha provocato almeno 200.000 vittime. E ha così deciso di dissociarsi apertamente dalla Corte dell'Aia, percepita come un'istituzione occidentale che ha deciso di concentrarsi esclusivamente sul perseguimento di presunti criminali provenienti dal continente africano.
Non tutti gli stati africani però hanno adottato la risoluzione libica alla leggera. Secondo alcune agenzie, Ciad e Benin avrebbero espresso i propri dubbi sul documento, mentre il Botswana l'ha apertamente rigettato, ribadendo la propria fedeltà al Trattato di Roma e agli obblighi che da esso derivano. Più complessa la situazione del Sudafrica, dove il blitz libico sta creando non pochi mal di pancia al governo locale: a Pretoria, pur non volendo compromettere i rapporti con i Paesi occidentali, devono tener conto anche dell'impegno profuso proprio dal Sudafrica in questi anni per la risoluzione del conflitto in Darfur. Una risoluzione che, secondo la maggior parte dei leader africani, non può prescindere dalla partecipazione del presidente Bashir. Il Procuratore Generale della Corte, Luis Moreno Ocampo, ha minimizzato la decisione dell'Unione Africana, sottolineando appunto come sia responsabilità dei singoli stati collaborare o meno con la Corte. Un commento ineccepibile a livello giuridico, ma che rischia di buttare benzina sul fuoco, rendendo ancora più difficile la collaborazione con l'Unione Africana.
L'Unione Africana adotta una risoluzione che invita gli Stati membri a non collaborare con la Corte Penale Internazionale
E adesso, Hassan Omar al Bashir può tirare un sospiro di sollievo. Il presidente sudanese, contro cui la Corte Penale dell'Aia (Cpi) ha emesso un mandato di cattura internazionale per i crimini commessi durante la guerra in Darfur, potrà viaggiare liberamente per l'Africa, grazie a una risoluzione adottata dall'Unione Africana (Ua) nell'ultimo summit, tenutosi recentemente a Sirte, in Libia. Il documento invita gli stati del continente (anche a quelli che hanno ratificato il Trattato di Roma che ha istituito la Cpi) a rifiutare la consegna di qualsiasi personalità africana ricercata dalla Corte.
Anche se la risoluzione non è vincolante e ogni stato potrà decidere se rispettarla o meno, è indubbio che il documento, presentato dalla presidenza libica e adottato senza un voto formale di approvazione, segni l'aperta spaccatura tra due istituzioni che, negli ultimi mesi, hanno visto decisamente peggiorare i reciproci rapporti. L'Ua non ha mai digerito il fatto che la Cpi e l'Onu non abbiano sospeso per un anno il mandato di cattura contro Bashir (una decisione che può essere adottata dal Consiglio di Sicurezza), un periodo che, secondo alcuni stati membri, avrebbe potuto permettere di arrivare alla fine di una guerra che, dal febbraio 2003, ha provocato almeno 200.000 vittime. E ha così deciso di dissociarsi apertamente dalla Corte dell'Aia, percepita come un'istituzione occidentale che ha deciso di concentrarsi esclusivamente sul perseguimento di presunti criminali provenienti dal continente africano.
Non tutti gli stati africani però hanno adottato la risoluzione libica alla leggera. Secondo alcune agenzie, Ciad e Benin avrebbero espresso i propri dubbi sul documento, mentre il Botswana l'ha apertamente rigettato, ribadendo la propria fedeltà al Trattato di Roma e agli obblighi che da esso derivano. Più complessa la situazione del Sudafrica, dove il blitz libico sta creando non pochi mal di pancia al governo locale: a Pretoria, pur non volendo compromettere i rapporti con i Paesi occidentali, devono tener conto anche dell'impegno profuso proprio dal Sudafrica in questi anni per la risoluzione del conflitto in Darfur. Una risoluzione che, secondo la maggior parte dei leader africani, non può prescindere dalla partecipazione del presidente Bashir. Il Procuratore Generale della Corte, Luis Moreno Ocampo, ha minimizzato la decisione dell'Unione Africana, sottolineando appunto come sia responsabilità dei singoli stati collaborare o meno con la Corte. Un commento ineccepibile a livello giuridico, ma che rischia di buttare benzina sul fuoco, rendendo ancora più difficile la collaborazione con l'Unione Africana.
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