L’Iran e le nuove rotte delle armi
Scritto da Guido Olimpio
lunedì 05 ottobre 2009
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WASHINGTON — Gennaio, area a nord di Khartoum, Sudan. In luogo sicuro si incontrano ufficiali dei pasdaran iraniani e contrabbandieri. Discutono sull’invio di armi verso la striscia di Gaza, materiale destinato ai palestinesi di Hamas. Il vertice — secondo quanto rivelato da fonti di intelligence al Corriere — si trasforma in uno scontro: quattro iraniani vengono assassinati in modo brutale per una questione di soldi.
In quegli stessi giorni caccia e velivoli senza pilota «sconosciuti» distruggono un convoglio di 28 camion nell’area di Port Sudan. Poi tocca ad un mercantile sospettato di trasportare munizioni e lanciagranate. Si scoprirà, dopo alcune settimane, che i raid sono stati condotti dall’aviazione israeliana.La duplice azione era mirata ad interrompere il «corridoio delle armi» in favore dei militanti palestinesi. Una pipeline alimentata dagli iraniani, decisi a sostenere Hamas ma anche ad allargare la loro influenza nel Continente nero. Come ha affermato il ministro degli Esteri di Teheran, Mottaki, il 2009 è una «pietra miliare» nei rapporti Iran-Africa. È quello che gli esperti chiamano il safari dei mullah. Un’iniziativa di ampio respiro contrastata da egiziani, americani e israeliani. Una partita giocata con agenti segreti, diplomatici, apparati militari e traffici.Sull’agenda degli ayatollah, scritta dal dinamico presidente Ahmadinejad, ci sono cinque punti fermi, da conseguire: 1) Accrescere il peso politico nel «continente più ricco del mondo»; 2) sviluppare rapporti economici; 3) esportare il credo rivoluzionario nelle comunità islamiche d’Africa con l’aiuto dell’Hezbollah libanese; 4) stabilire una presenza militare dove sia possibile; 5) mantenere ed estendere una rotta marittima e terrestre che permetta all’Iran di trasferire armi verso nord e Gaza.Gli iraniani si sono mossi su due livelli. Il primo trasparente: una serie di visite nel periodo 2008-2009 in paesi come il Kenya, Gibuti, Tanzania, Eritrea, Sudan per firmare accordi bilaterali d’ogni tipo e mettere radici. Rilevante sotto questo profilo l’intesa con gli eritrei. La marina iraniana avrebbe ottenuto un approdo sicuro nel porto di Assab, in Mar Rosso. E forse, aggiungono oppositori interni, anche l’autorizzazione a schierare un piccolo contingente di guardiani della rivoluzione. Con il pretesto di contrastare la pirateria, Teheran ha inviato nella regione da 2 a 6 navi che, da un lato, hanno dato la caccia ai corsari, dall’altra hanno creato uno scudo per i mercantili dei traffici. Una missione nella quale sono coinvolti nuclei di pasdaran che conducono operazioni di spionaggio marittimo. Tengono d’occhio la flotta occidentale, eseguono attività di intelligence elettronico, aprono la rotta ai cargo pieni di armi.Il secondo livello della manovra è quello clandestino ed ha come piattaforma strategica il Sudan, dove sono arrivati pasdaran del cosiddetto «Africa Corp» a presidio della «stazione» principale nel traffico in favore di Hamas. Il materiale parte in nave dall’Iran, prosegue verso l’Eritrea – ecco la ragione del corteggiamento politico - , quindi risale in direzione del territorio sudanese, con Port Sudan come snodo. Da qui proseguono verso il Sinai affidati ai clan beduini che ne assicurano poi il passaggio finale a Gaza attraverso i tunnel. Fonti dell’opposizione iraniana hanno rivelato che Teheran avrebbe anche realizzato una fabbrica ad hoc per produrre una versione speciale del missile Fajr 3, smontabile per essere contrabbandato con maggiore facilità.La filiera ha messo in allarme anche gli egiziani. Il Mukhabarat, l’attento servizio segreto, ha iniziato a indagare con insistenza perché preoccupato di possibili contraccolpi interni. Ed ha scoperto due focolai pericolosi. Grazie ai contatti con i contrabbandieri, militanti islamisti locali hanno ottenuto consigli tecnici dai gruppi di Gaza. Alcuni jihadisti egiziani, infatti, sono entrati – sempre attraverso i tunnel – nel territorio palestinese, quindi hanno fatto ritorno in Egitto. Non meno pericoloso il network creato dagli Hezbollah filo-iraniani in collaborazione con l’Armata Qods, l’apparato per le operazioni riservate dei pasdaran. Uno di loro giunto al Cairo, nel 2006, con falsi documenti iracheni ha stabilito legami con abitanti del Sinai così come con i trafficanti. Dopo una serie di arresti gli 007 hanno accertato che, inizialmente, la cellula aveva pensato di colpire obiettivi israeliani. Tra i bersagli considerati i turisti o le navi che risalgono Suez. Poi, i suoi superiori gli hanno ordinato di preparare kamikaze palestinesi destinati a missioni in Israele.Lo schema ha attirato l’attenzione dell’intelligence statunitense. Washington, che ha il suo Comando Africa, teme che il binomio Hezbollah-Iran possa infiltrarsi in altri stati africani. In particolare in quelli della zona occidentale dove vivono da decenni ricche comunità sciite. Presenza assolutamente legittima ma dietro la quale si nascondono, a volte, personaggi a rischio. Un sommerso spesso in contatto con commercianti di pietre preziose d’origine libanese. Alcuni di loro collaborano con l’Hezbollah e versano una quota dei guadagni in favore del movimento.Accanto agli americani e, in concorrenza, si muovono gli israeliani. Prima degli iraniani hanno costruito rapporti con molti governi africani fornendo loro assistenza per l’agricoltura e, naturalmente, aiuti militari. Una politica di riguardo sottolineata da un recente viaggio nel Continente del ministro degli Esteri Avigdor Lieberman che ha visitato Etiopia, Kenya, Uganda, Nigeria e Ghana. Missione alla quale è stato dato un grande risalto dalla stampa di Gerusalemme che l’ha contrapposta apertamente all’attivismo iraniano. Così come il passaggio in Mar Rosso di sottomarini israeliani, impegnati in esercitazioni che gli esperti hanno legato ad un possibile attacco contro l’Iran. Nessuna pubblicità invece alle forniture di armi per l’esercito del Sud Sudan, tenace avversario di Khartoum. C’è l’embargo Onu in vigore, ma viene spesso violato con grandi guadagni per chi riesce a piazzare fucili e tank.
da:corriere.it
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