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Inviato da redazione il Dom, 18/04/2010 - 11:3
Federico Raponi
CINEMA. Due giovani registi realizzano un documentario sull’attività dell’associazione presieduta da Gino Strada tra il Sudan e l’Afghanistan. Premiati ovunque, nel nostro Paese il film è pressoché sconosciuto.
L'attività di Emergency descritta per immagini. Lo fa Domani torno a casa, documentario di Fabrizio Lazzaretti e Paolo Santoni sul lavoro dell’associazione indipendente tra Khartoum e Kabul. «Il film – spiega Santolini - nasce da una chiamata di Gino Strada, che stava per aprire il centro di cardio-chirurgia di eccellenza a Khartoum. Abbiamo deciso di descrivere quell’esperienza e nello stesso tempo, in occasione dei 15 anni di Emergency, raccontare l’ospedale di Kabul, il primo ad essere costruito. L’idea è stata quella di evitare un documentario prettamente sull’organizzazione, anche se logicamente ne parla in toto, ma di seguire due pazienti tipo tra gli oltre 4 milioni di persone curate negli anni da Emergency. In Sudan abbiamo incontrato un giovane di 15 anni operato al cuore in un campo profughi a 300 chilometri da Khartoum, dove da 15 anni vivono circa centomila persone. Lui era scappato ad un anno, con la famiglia, da una delle tante guerre in Sudan, aveva accusato una malformazione cardiaca e grazie ad Emergency è riuscito a sopravvivere. Invece in Afghanistan siamo stati dietro ad un gruppo di 7-8 ragazzini, tutti feriti da mine antiuomo, e in particolare ad un bimbo di 6 anni che ha perso completamente una mano e alcune falangi dell’altra».
Il documentario sta girando grazie ai volontari di Emergency, che nelle varie città organizzano proiezioni private, «Addirittura so – rivela ancora il regista - che hanno messo su un circuito attraverso una catena di hotel che permette loro di utilizzare la sala cinema. Di possibilità di distribuzione, di visibilità, c’è solo quella, quindi al film capita di essere visto anche in piccole città proprio grazie a questi gruppi, che poi sono quelli che sostengono l’associazione da sempre. Chi riesce a vederlo sono soprattutto persone che lavorano nell’ambito scolastico e ce lo richiedono perchè vorrebbero organizzare proiezioni, alle medie come all’università, mentre siamo anche in attesa dell’uscita in Dvd con un quotidiano». La televisione di Stato, invece, sembra proprio che non voglia sentirne parlare. «In Italia, l’unico iter che auspicavamo era quello dei passaggi televisivi sulla Rai che lo aveva pre-acquistato, ma ad oggi nessuna rete si è resa disponibile per la messa in onda. Eppure anni fa Fabrizio Lazzaretti girò due film, Effetti collaterali e Jung [Giang] nella terra dei mujaheddin che furono programmati dal terzo canale senza problemi. Forse lo trasmetterà Doc 3 a tarda sera, in una riduzione a 50 minuti». Ciononostante, il documentario sta avendo un percorso importante all’estero. Lo hanno infatti acquistato la BBC, le televisioni australiana e canadese e sta girando molti festival, tra i quali Londra, Amsterdam, Varsavia, Tokyo e tutto il circuito Human Rights Watch.
Grazie a quello di New York, dove è stato premiato come miglior lavoro, è poi arrivato in una trentina di università. «Al di là del suo interesse artistico, dato che parla di una realtà così tragica e vera, di guerra e infanzia violata, l’importante – conclude Santolini - è che venga visto».
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