Darfur senza pace né giustizia
di Anna Bono - 2 agosto 2008
Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite ha appena approvato il rinnovo della Unamid, la missione di pace che vede impegnate da 9 mesi Onu e Unione Africana in Darfur, la regione occidentale del Sudan in guerra dal 2003 e dove si contano decine di migliaia di vittime e circa 2,5 milioni di profughi e sfollati. La decisione giunge a pochi giorni dalla richiesta di arresto del presidente sudanese Omar el Bashir formulata dalla Corte penale internazionale, che ha indotto l'Unamid a richiamare temporaneamente il personale non militare per timore di ritorsioni da parte del governo sudanese.
El Bashir è in effetti ritenuto responsabile del conflitto che contrappone le etnie di origine araba, sostenute militarmente da Khartoum, a quelle africane, ma è opinione diffusa che l'iniziativa della Corte possa aggravare la situazione, invece di risolverla, e che inoltre possa compromettere l'applicazione degli accordi di pace del 2005, con i quali si è conclusa la pluridecennale guerra tra nord e sud Sudan: per questo il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha invitato il procuratore capo della Cpi, Luis Moreno Ocampo, a valutare con attenzione le conseguenze del proprio operato e Amr Moussa, segretario generale della Lega Araba, ha sollecitato l'intervento del Consiglio di Sicurezza presso la Corte al fine di ottenere la sospensione di un anno della procedura a carico di el Bashir, come previsto dallo statuto del tribunale. Il rischio di degenerazione ulteriore del conflitto in Sudan e nelle regioni circostanti è stato espresso anche dal Movimento dei paesi non allineati, 118 in tutto, riuniti a Teheran per una conferenza ministeriale conclusasi il 31 luglio. Dello stesso avviso si sono detti inoltre la maggior parte dei capi di Stato e di governo africani e arabi, molti dei quali si sono spinti oltre, esprimendo solidarietà al collega accusato di genocidio, crimini contro l'umanità e crimini di guerra: tra gli altri, Algeria e Yemen hanno definito la mossa della Cpi un «atto di ingerenza» e un «attacco alla sovranità del Sudan» e l'Eritrea ne ha parlato come di un «insulto».
In attesa di sapere quali passi intraprenderà adesso il procuratore Ocampo, l'unica certezza sono i tempi lunghi del procedimento. Nel frattempo el Bashir si è mosso abilmente su più fronti, riuscendo a ottenere dichiarazioni pubbliche di fiducia persino dai capi delle tre etnie - Zaghawa, Fur e Masalit - vittime delle milizie janjaaweed da lui armate. «Fin dal primo giorno - ha dichiarato durante una visita di due giorni in Darfur - abbiamo lavorato per garantire stabilità e sicurezza alla popolazione. Le dichiarazioni di Ocampo non ci impediranno di perseguire i nostri obiettivi». Quindi ha promesso scuole, strade e infrastrutture, la rapida convocazione di una nuova conferenza internazionale di pace, alla quale potranno partecipare tutte le parti in causa e gli osservatori internazionali che vorranno prendervi parte, e l'istituzione di tribunali speciali per giudicare secondo le leggi nazionali i crimini commessi nella regione, annunciando di aver invitato esperti scelti dall'Onu, dalla Lega Araba e dall'Unione Africana perché ne verifichino competenza ed equità.
Sembrerebbero concessioni e aperture, ma gli impegni di el Bashir, posto che li mantenga, ribadiscono in realtà l'intenzione del governo di Khartoum di evitare ingerenze esterne, sostanzialmente senza concessioni, almeno per il momento: non si è neanche accennato all'eventualità di consegnare, come segno di buona volontà, i due cittadini sudanesi - un generale dell'esercito e l'attuale ministro degli Affari umanitari - incriminati lo scorso anno dalla stessa Cpi e tuttora liberi e in carica. Contemporaneamente la mano dura del regime si è manifestata con una serie di sentenze emesse dai quattro tribunali speciali creati all'indomani dell'attacco alla capitale sferrato il 10 maggio scorso dal Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), uno dei due maggiori movimenti antigovernativi del Darfur. Dopo la ritirata delle milizie del Jem, erano state arrestate centinaia di persone con l'accusa di aver collaborato con il movimento darfurino. 8, forse 12 di esse sono state condannate a morte il 29 luglio e altre 10 il 31. Insolita clemenza è stata usata nei confronti dei circa 400 minorenni che parteciparono all'attacco, tutti liberati nei giorni scorsi: «Sono anche loro figli del Sudan», ha dichiarato el Bashir promettendo per loro assistenza sanitaria e scolastica.
Anna Bono
Grazie che la Dottssa. Anna Bono scrivi la verita...........................azim