Sudan and conflicts zones.

Sudan and conflicts zones.

Monday, 31 August 2009




Rapiti due operatori umanitari in Darfur
Sono un uomo nigeriano e una donna tanzaniana dipendenti civili della missione Onu-Unione Africana
MILANO - Nuovo rapimento in Darfur, il quarto nel giro di sei mesi. A Zalingei nella zona orientale della provincia Sudanese, all’alba sono stati portati via dalla loro abitazione un uomo nigeriano e una donna tanzaniana, dipendenti civili della missione congiunta Onu e Unione Africana. Ne la dato notizia il portavoce della missione, Noureddine Mezni, che non ha voluto confermare la nazionalità degli impiegati.
LA SITUAZIONE - Dopo sei anni di guerra feroce e qualcosa come 300 mila morti e tre milioni di rifugiati (per il governo i morti sono “solo” 10 mila), il Darfur sta diventando una nuova Somalia, una terra di nessuno dove scorazzano bande armate – molte delle quali filogovernative - che vedono negli stranieri - e qui ci sono soprattutto operatori umanitari – persone da rapire per poi chiedere un riscatto. I primi ad essere sequestrati a metà marzo, sono stati tre cooperanti di Medici Senza Frontiere: un italiano, una canadese e un francese. In aprile è stata la volta di due donne, una canadese e una francese di Action Medicale Internationale. Questi sono stati tutti rilasciati. In luglio nel nord Darfur sono state sequestrate un’irlandese e una ugandese. Due donne sparite. Voci che circolano nella regione dicono che siano diventate schiave (e mogli o concubine) dei capi della banda che le ha in mano. «Noi donne siamo le più vulnerabili – ha spiegato al Corriere una ragazza italiana che lavora in Darfur con un’agenzia umanitaria, contattata subito dopo il rapimento di questa mattina – e abbiamo paura. Non ci sentiamo difese. La situazione sta diventando sempre più tesa e difficile. Nessuno controlla nulla e i civili rischiano, come sempre in questi casi, più di tutti».
LA POSIZIONE DEL GOVERNO SUDANESE - Il rapimento di venerdì avviene a due giorni dalle sorprendenti dichiarazioni del generale Martin Luther Agwai, capo della missione congiunta Onu/Unione Africana, secondo cui in Darfur la guerra è finita: «Non ci sono più scontri tra ribelli e governativi – ha annunciato con grande enfasi – al massimo sono i banditi i soli che ormai scorrazzano nella regione». La dichiarazione ha provocato l’indignazione dei capi ribelli i quali parlano ancora di villaggi bruciati e di civili passati senza motivo apparente per le armi. «Non è affatto finita - gli ha risposto intervistato dal Corriere Esam Elag, portavoce di una delle fazioni del Sudan Liberation Army –. Il governo sudanese è ancora impegnato nel genocidio della gente darfuriana. Il problema è che la missione di pace è fallita per differenti e contrapposte opinioni sulla questione: l’Unione africana difende il presidente Omar Al Bashir, sulla cui testa pende un mandato d’arresto per crimini di guerra e contro l’umanità, spiccato dal tribunale internazionale delle Nazioni Unite». «Le bande di banditi – ha dichiarato Esam – sono organizzate dal governo per screditare la ribellione. Noi non sequestriamo nessuno. Come si fa a pensare che noi portiamo via gli operatori umanitari che stanno facendo un lavoro egregio per aiutare la nostra gente?»
Siamo a mezzo Ramadan siamo muslimani e alcuni banditi di quattro soldi fanno questo gesto disgustoso, sapete anche le personne che sono rapiti sono due donne e per giunta lavorano per viveri ed aiutano le donne Darfuriani ma CHE COSA STANO PENSANDO QUESTI BANDITI DI QUATTRO SOLDI, impecatili molto alto cosi sara......................................Azim

Respingimenti!!!!

Milano - Sulla questione dei respingimenti, bisognerebbe "accertarsi delle notizie e usare la prudenza che queste cose richiedono": cosi' il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, ha risposto a una domanda a margine della firma di un protocollo presso la prefettura di Milano. "Il respingimento di ieri - ha proseguito il ministro - e' stato in acque internazionali; non so chi abbia diffuso queste informazioni, che sono in forma ipotetica, ma prima di diffondere le notizie bisognerebbe accertarsi". Maroni ha ricordato che "la pratica dei respingimenti fa parte di accordi tra Italia e Libia firmati dal governo precedente, che noi abbiamo solo attuato". Il ministro, citando alcuni numeri, ha precisato che dal 1 maggio al 30 agosto 2008 sono arrivati sulle coste italiani 14mila clandestini, mentre nello stesso periodo del 2009 ne sono arrivati 1.300: "L'accordo con la Libia - ha concluso Maroni - funziona e continueremo in questa direzione". Inoltre il titolare del Viminale ha ribadito che le ultime rivolte nei centri di identificazione ed espulsione non destano alcuna emergenza per il governo. "Proteste e rivolte nei Cie - ha detto Maroni - non sono un fenomeno nuovo, ma ora la stampa se ne e' accorta e ne ha fatto il fenomeno dell'estate. Non e' una questione particolarmente significativa dal mio punto di vista, non c'e' emergenza ne' preoccupazione". Il ministro ha riconosciuto l'esistenza di maggiore nervosismo dopo l'approvazione del pacchetto sicurezza: "Qualcuno non e' contento, ma questa e' una legge e chi si rivolta contro la legge commette un reato".
Meglio perche quando arrivano e chiedano asilo politico deventa per loro un calvario dormano fouri come Barnone e mangiano con la carita della chiesa catolica insoma governo assente in piu un altra cosa il comune di Milano ha cooperativa forza Lavoro e siliati lavorano 8 al gg.ore per800 euro e pagano 400 euro per il posto letto CHE SFRUTTAMENTO VERGONGATIVI........Azim

Sunday, 30 August 2009

Immigrati si immigrati no... ma foti di furto!!!


IMMIGRATI: MANTOVANO, ITALIA NON PUO' RISOLVERE DA SOLA PROBLEMI RIFUGIATI, INTERVENGA UEPalermo, 29 ago. (Adnkronos) -
"Non si puo' immaginare che chi fugge dall'Eritrea o dal Sudan, o in altri paesi dove c'e' la guerra, possa vedere i propri problemi risolti solo dall'Italia. Il nostro paese la sua parte la sta recitando da anni, e' al primo posto in Europa per il numero di domande d'asilo". Lo ha detto il sottosegretario all'Interno Alfredo Mantovano, a Palermo per partecipare alla commemorazione dell'uccisione dell'imprenditore Libero Grassi, avvenuta il 29 agosto 1991."Adesso -ha aggiunto- deve pero' intervenire l'Europa. Chiediamo l'istituzione delle commissioni che in Libia esaminino le domande di chi chiede protezione e asilo con il concorso delle organizzazioni umanitarie, in particolare con l'Unhcr". Riferendosi alle dure critiche rivolte qualche giorno fa, sempre dal Palermo, dal leader del Pd Dario Franceschini al governo sugli immigrati, accusandolo di "scaricabarile", Mantovano ha detto: "I cinque sopravvissuti eritrei sono sopravvissuti perche' salvati dall'Italia a cui anche Franceschini, per il momento, appartiene dovrebbe essere onorato di questo".E ha aggiunto: "Il secondo dato e' che da quando sono state concordare con le autorita' libiche le misure di pattugliamento e di respingimenti c'e' stato il sostanziale azzeramento delle morti in mare. Prima di dare numeri, come nel caso degli eritrei, bisogna attendere l'esito dell'indagine giudiziaria". "C'e' anche il problema di dare seguito alle richieste di asilo politico a chi fugge e questo problema deve essere preso in carico dall'intera Europa e dalle comunita' internazionali", ha concluso.
Ora dopo domani varano la badanti - golf quando guadania il governo Italiano??? e quando guadaniano i scacali che firmano la domanda di assunzione ?? tutto sulla pelli del poveri Immigrati che
1- Governo Italiano guadania perche immigrato deve pagare 500 euro subito + varie carta bolati + 150 euro ogni tre mesi = 1800 euro nella casa del inmps !!
2- scacalli il badante o permesso arriva a costare anche 4000 euro per l'immigrato.
L'immigrato era e sara fonti di furto specialmente in Italia ........................................Azim
Italia si vergogna..............................................................Azim

Friday, 28 August 2009

News of Sudan


PROCREAZIONE LOW COST, IN SUDAN SI FARA' PER 300 DOLLARIROMA - La procreazione assistita low cost è realtà: sarà presto disponibile in Africa a prezzi irrisori rispetto a quello che le cliniche chiedono in Occidente, infatti nella capitale del Sudan aprirà alla fine di ottobre una clinica che promette di fornire terapie di fecondazione assistita per meno di 300 dollari.La clinica, presso l'Università Khartoum, è finanziata da Low Cost IVF Foundation (LCIF) di Massagno, Svizzera, idea del pioniere della fecondazione in vitro Alan Trounson, ora presidente del California Institute for Regenerative Medicine. A ritornare sull'argomento 'procreazione in vitro low cost' è il magazine New Scientist in cui è riferito che altre cliniche simili sono ad Arusha, Tanzania e a Cape Town, Sud Africa. Sono tante le opportunità di risprmio in questo campo: farmaci a basso costo per indurre l'ovulazione nella donna esistono, sono sicuri ed efficaci e potrebbero sostituire le molecole altamente biotecnologiche in uso; si potrebbe risparmiare molto sulle apparecchiature, per esempio sugli incubatori: è stata già sperimentata una speciale 'capsula' in cui incubare gli embrioni neoformati che si mette in vagina per alcuni giorni.L'infertilità non è solo un problema occidentale, in Africa colpisce fino a una coppia su tre, colpa soprattutto di infezioni sessualmente trasmesse, scarsa prevenzione e pratiche, come la mutilazione dei genitali, a loro volta causa di infertilità. Ma è chiaro che quando le metodologie low cost prenderanno piede e si riveleranno competitive rispetto agli standard occidentali, il business del bebé in provetta (nei paesi ricchi i costi di un ciclo possono raggiungere anche i 12 mila dollari) non sarà più giustificabile e i prezzi potrebbero scendere.
Il sottoscritto si fa un quartto figlio o figlia.................................azim
Il comandante della missione UNAMID: "Ora si parla solo di banditismo""Al giorno d'oggi non direi che in Darfur si sta svolgendo una guerra". Si è espresso così il comandante della missione internazionale UNAMID, Martin Luther Agway. Gli scontri sarebbero ridotti a un bassissimo livello di intensità e soltanto uno dei gruppi ribelli del sud del paese sarebbe in grado di portare avanti una campagna militare.Agway ha dichiarato che un certo livello di banditismo comunque continuerà a lungo, ma lo stato di guerra potrebbe essere revocato a breve. Il comandante è solo l'ultimo dei rappresentanti Onu a descrivere in questi termini il conflitto in Darfur; ad aprile il dirigente politico dell'UNAMID aveva già parlato di conflitto a bassa intensità e l'inviato speciale Usa per i Sudan, Scott Gration, aveva descritto nei giorni scorsi ciò che ha visto in Darfur come "reminiscenze di un genocidio", usando per la prima volta la parola genocidio ma anche negando che sia ancora in atto. Le stragi in Darfur hanno provocato 300mila morti secondo le Nazioni Unite (10mila secondo Khartoum) e quasi 3 milioni di sfollati dal 2003.
Darfur/ Onu: dispute e banditismo, ma la guerra è finita15:59
- ESTERI- 27 AGO 2009E' quanto riferisce un generale ma la pace è ancora lontana Roma, 27 ago. (Apcom) - E' di fatto finita la guerra che durava ormai da sei anni in Darfur tra le forze fedeli al governo del Sudan e i ribelli di questa regione. Lo ha annunciato il generale Martin Agwai, comandante della missione Onu in Darfur. Agwai, scrive la Bbc, racconta che da quando i ribelli si sono divisi in fazioni i violenti scontri che caratterizzavano il conflitto nei primi anni sono stati sostituiti da dispute su acqua e terre e atti di banditismo. Ormai, avverte il generale che guida migliaia di soldati tra truppe Onu e quelle dell'Unione Africana, si può parlare più di "problemi di sicurezza" che di un vero e proprio conflitto. Secondo le nazioni Unite il conflitto è costato la vita a 300mila persone, secondo il governo sudanese le vittime in Darfur sono 10mila. Per Agwai solo un gruppo di ribelli, il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), rappresenta ancora una vera minaccia. Ma secondo l'analista Gill Lusk questo tipo di commenti non sono utili perché potrebbero far credere che ormai i problemi in Darfur sono risolti, invece la violenza potrebbe riesplodere feroce come all'inizio da un momento all'altro. Benché, infatti, gli scontri siano diminuiti d'intensità, è ancora impossibile intravedere in Darfur la prospettiva di un accordo di pace. La settimana scorsa l'inviato Usa in Sudan, Scott Gration, ha detto che l'esistenza di 26 diversi gruppi di ribelli è un grande ostacolo al raggiungimento di un accordo con il governo di Khartoum.
La pace camina ma come la lumaca e quando arriva.........................azim

Thursday, 27 August 2009

Immigrati di oggi!

IL REPORTAGE. Il racconto di Titti e Hadengaidue dei cinque sopravvissuti sul gommone maledetto
Un anno, 4 mesi e 21 giorniviaggio dalla morte all'Italia
di EZIO MAURO


PALERMO - Italia? È una stanza bianca e blu, la numero 1703, pneumologia 1, primo piano dell'ospedale "Cervello". Un tavolino con quattro sedie, due donne coi capelli bianchi negli altri due letti, dalla finestra aperta le case chiare del quartiere Cruillas, le montagne di Altofonte Monreale, il caldo d'agosto a Palermo. Sui due muri, in alto, la televisione e il crocifisso, una di fronte all'altro. È quel che vede Titti Tazrar da ieri mattina, quando apre gli occhi. Quando li chiude tutto balla ancora, ogni cosa gira intorno, il letto è una barca che si inclina e poi si piega sulle onde. Titti cerca la corda per reggersi, d'istinto, come ha fatto per 21 giorni e 21 notti, con la mano che da nera sembra diventata bianca per la desquamazione, una mano forata dalle flebo per ridare un po' di vita a quel corpo divorato dalla mancanza d'acqua. La gente che ha saputo apre la porta e la guarda: è l'unica donna sopravvissuta - con altri quattro giovani uomini - sul gommone nero che è partito dalla Libia con un carico di 78 disperati eritrei ed etiopi, ha vagato in mare senza benzina per 21 giorni, ha scaricato nel Mediterraneo 73 cadaveri e ha sbarcato infine a Lampedusa cinque fantasmi stremati da un mese di morte, di sete, di fame e di terrore. Quei cinque sono anche gli ultimi, modernissimi criminali italiani, prodotto inconsapevole della crudeltà ideologica che ha travolto la civiltà dei nostri padri e delle nostre madri, e oggi ci governa e si fa legge. I magistrati li hanno dovuti iscrivere, appena salvati, al registro degli indagati per il nuovo reato d'immigrazione clandestina, i sondaggi plaudono. Anche se poi la vergogna - una vergogna della democrazia - darà un calcio alla legge, e per Titti e gli altri arriverà l'asilo politico. Scampati alla morte e alla disumanità, potranno scoprire quell'Italia che cercavano, e incominciare a vivere. Un'Italia che non sa come cominciano questi viaggi, da quanto lontano, da quanto tempo: e come al fondo basti un richiamo composto da una fotografia e una canzone. Titti ad Asmara aveva un'amica col telefonino, e ascoltavano venti volte al giorno Eros Ramazzotti nella suoneria, con "L'Aurora". In più, a casa la madre conservava da anni una cartolina di Roma, i ponti, una cupola, il fiume e il verde degli alberi. Tutti parlavano bene dell'Italia, le mail che arrivavano in Eritrea, i biglietti con i soldi di chi aveva trovato un lavoro. Quando la bocciano a scuola, l'undicesimo anno, e scatta l'arruolamento obbligatorio nell'esercito, Titti decide che scapperà in Italia. E dove, se no? Fa due mesi di addestramento in un forte fuori città, soldato semplice. Poi, quando torna ad Asmara, si toglie per sempre la divisa, passa da casa il tempo per cambiarsi, prendere un vestito di scorta, una bottiglia d'acqua più la metà dei soldi della madre, delle cinque sorelle e del fratello (200 nakfa, più o meno 10 euro), e segue un vecchio amico di famiglia che la porterà fuori dal Paese, in Sudan. Prima viaggiano in pullman, poi cresce la paura che la stiano cercando, e allora camminano di notte, dormendo nel deserto per sette giorni. Senza più un soldo, Titti va a servizio in una casa come donna delle pulizie, vitto e alloggio pagati, così può mettere da parte interamente i 250 pound sudanesi mensili. Quando va al mercato chiede dove sono i mercanti di uomini, che organizzano i viaggi in Europa. Li trova, e quando dice che vuole l'Italia le chiedono 900 dollari tutto compreso, dal Sudan alla Libia attraversando il Sahara, poi il ricovero in attesa della barca illegale, quindi il viaggio finale. Ci vuole un anno per risparmiare quei soldi. E quando si parte, sul camion i mercanti caricano 250 persone, sul fondo del cassone dov'è più riparato dalla sabbia ci sono con Titti due donne incinte e una madre col bimbo di tre mesi. Lei ha due bottiglie d'acqua, le divide con le altre, ci sono i bambini di mezzo, non si può farne a meno. Prima della frontiera con la Libia li aspettano, tutti guardano giù dal camion, temono un posto di blocco, invece sono gli agenti locali dei mercanti, li guidano per una strada sicura e li portano nei rifugi, disperdendoli: parte ammassati in un capannone, parte nei casolari isolati, soprattutto le donne. Le fanno lavorare in casa e negli orti, cibo e acqua sono come in galera, il minimo indispensabile. Trattano male, fanno tutto quel che vogliono. Dicono sempre che la barca è pronta, che adesso si parte, ma non si parte mai. Intimano alle donne di non uscire di casa e Titti diventa amica di Ester e Luam, che abitano con lei per quasi quattro mesi. Chi ha parenti in Europa deve dare l'indirizzo mail, in modo che i mercanti scrivano, chiedano soldi urgenti per aiutare il viaggio, per poi intascare la somma quando arriva al money transfer, da qualche parte sicura. Invece un pomeriggio alle cinque tutti urlano, bisogna uscire, sembra che si parta davvero. Le ragazze dicono che non hanno niente di pronto, non hanno messo da parte il pane e nemmeno l'acqua dalle porzioni razionate, non sapevano: possono avere qualcosa da portare in barca? Non c'è tempo, alle sei bisogna essere in mare, via con quello che avete addosso, e tutti lontani dalla spiaggia che possono arrivare i soldati, meglio nascondersi dietro i cespugli e le dune, forza. La barca è un gommone nero di dodici metri, che normalmente porta dieci, dodici persone. Loro sono settantotto, nessun bambino, venticinque donne. Non riescono a trovare spazio, c'è qualche tanica di benzina sotto i piedi, stanno appiccicati, incastrati, accovacciati, qualcuno in ginocchio, altri in piedi tenendosi alle spalle di chi sta sotto, nessuno può allungare le gambe. Ma ci siamo, è l'ultimo viaggio, in fondo a quel mare da qualche parte c'è l'Italia, Titti a 27 anni non ha la minima idea della distanza, pensa che arriveranno presto. Ecco perché è tranquilla quando arriva la prima notte, lei che è partita solo con dieci dinari, i suoi jeans, una maglia bianca e uno scialle nero. Nient'altro. "Adei", madre, sto andando, pensa senza dormire. "Amlak", dio, mi hai aiutato, continua a ripetersi mentre scende il freddo. A metà del secondo giorno, quando le ragazze pensano già quasi di essere arrivate, la barca si ferma. Il pilota improvvisato dice che non c'è più benzina. Schiaccia il bottone rosso come gli ha insegnato il trafficante d'uomini, ma non c'è nessun rumore. Adesso si sente il rumore delle onde. Nessuno sa cosa fare. Gli uomini provano col bottone, danno consigli, uno scende in mare a guardare l'elica. Le donne si coprono la testa con gli scialli. Si avverte il caldo, nessuno lo dice, ma tutti pensano che l'acqua sta finendo. Chi ha pane lo divide coi vicini. Un pizzico di mollica per volta, facendo economia, allungandola nel pugno chiuso per farla bastare fino a sera, cinque, sei bocconi. La notte fa più paura. Non c'è una bussola, e poi a cosa servirebbe, con il gommone trasportato dalle onde, spinto dalla corrente, e nessuno può fare niente. Finiscono i fiammiferi, dopo le sigarette, non si vede più niente. Tutti a guardare il mare, sembra che nessuno dorma. La quarta notte spuntano delle luci a sinistra, poi se ne vanno, o forse la barca ha girato a destra. Era una nave? Era un paese? Era Roma? Cominci a sentirti impotente, sei un naufrago. All'inizio ci si vergogna per i bisogni, fingi di fare un bagno attaccato con una mano alla corda, chiedi per favore di rallentare, e fai quel che devi in mare. Poi man mano che cresce l'ansia e anche la disperazione, non ti vergogni più. Chi sta male, chi sviene dal caldo e dalla fame, i bisogni se li fa addosso. Quando la situazione diventa insopportabile tutti urlano in quella parte del gommone: "Giù, giù, vai in mare, vai". Ma il settimo giorno i problemi cambiano. Muore Haddish, che ha vent'anni, ed è il prino. Continua a vomitare da ventiquattr'ore, sta male, si lamenta prima della fame poi solo della sete. "Mai", acqua. Lo ripete continuamente. Anche Titti ripete "mai" nella testa, c'è solo acqua intorno a loro, eppure stanno morendo di sete, non riescono a pensare ad altro. Due ragazzi, Biji e Ghenè, si danno il turno a sorreggere Haddish, altri fanno il turno in piedi per lasciargli lo spazio per distendersi, uno sale persino sul motore. Dopo il tramonto tutti lo sentono piangere, urlare, gemere, poi non sentono più niente e non sanno se si è addormentato o se è morto. "E' arrivato - dice all'alba Ghenè - noi siamo in viaggio e lui è arrivato". I due giovani prendono Haddish per le spalle e per i piedi, dopo avergli tolto le scarpe, e lo gettano in mare. Le ragazze piangono, una donna canta una nenia sottovoce. Yassief si è portato in barca una Bibbia. La apre, e legge i Salmi: "Quando ti invoco rispondimi, Dio, mia giustizia: dalle angosce mi hai liberato, pietà di me, ascolta la mia preghiera". Titti piange per il ragazzo morto, e pensa che non si poteva fare altrimenti. Adesso ha paura che il viaggio duri ancora giorni e giorni, che il mare li risospinga indietro verso la Libia, non possono viaggiare con un cadavere, e poi hanno bisogno di spazio. "Meut", la morte, comincia a dominare tutti i pensieri, riempie "semai", il cielo, verrà dal mare, "bahari". Le donne si coprono la testa, il sole stordisce più della fame, tutto gira intorno, la nausea cresce, salgono vapori ustionanti di benzina e di acqua dal fondo del gommone. A sera, ogni sera, Yassief leggerà la Bibbia, Giosuè, Tobia, i Salmi, e cercherà di confortare i compagni: noi stiamo morendo, ma qualcuno ce la farà. Muore qualcuno ogni giorno, ormai, e il numero varia. Uno, poi tre, quindi cinque, un giorno quattordici e si va avanti così. Dicono che i primi a morire sono quelli che hanno bevuto l'acqua di mare, Titti non sapeva che era mortale, non l'ha bevuta solo per il gusto insopportabile, si bagnava le labbra continuamente. Poi Hadengai ha l'idea di prendere un bidone vuoto di benzina, tagliarlo a metà, lavare bene la base e metterla sul fondo della barca, dove i morti hanno aperto uno spazio. Spiega che dovranno raccogliere lì la loro orina, per poi berla quando la sete diventa irresistibile, pochi sorsi, ma possono permettere di sopravvivere. Lo fanno, anche le donne, però di notte. Titti beve, come gli altri. Potrebbe bere qualsiasi cosa: anzi, lo sta facendo. Dopo quindici giorni, appare una nave in lontananza. Sembra piccolissima, ma tutti la vedono, c'è. Chi ce la fa si alza in piedi, si toglie la maglia ingessata dal sale per agitarla in alto, urla. A Titti cade lo scialle in mare, l'unica protezione dal freddo, l'unico cuscino, la coperta, l'unico bene. Yassief e un altro ragazzo sono i soli che sanno nuotare: lasciano la Bibbia a una donna che ha la borsa con sé, si tuffano, è l'ultima speranza, torneranno a salvarli con la nave e li prenderanno tutti a bordo, dove c'è acqua e cibo. Tutti si alzano a guardarli, ma il gommone va dove vuole, dopo un po' nessuno li ha più visti, e pian piano la nave lontana è scomparsa, loro non ci sono più. L'acqua è un'ossessione e intanto pensi al pane, al riso, alla carne, scambi i frammenti di legno per briciole, sai che è un inganno ma te li metti in bocca. Senti le forze che vanno via, vedi buttare a mare i cadaveri e non t'importa più. Ora quando arriva la morte butteranno giù anche me, pensa Titti, spero che mi chiudano gli occhi. Non sai i nomi dei tuoi compagni, conosci solo le facce. Al mattino ne cerchi una e non la vedi più, oppure ne trovi una che avevi visto calare in mare, non sai più dove finisce l'incubo e comincia la realtà. Ma adesso in barca tutti sanno che le due amiche, Ester e Luam, sono incinte, anche se non lo dicevano perché la gravidanza era cominciata in Libia, nella casa dei mercanti d'uomini, tra le minacce e la paura. Tutti lo sanno perché loro stanno male e parlano dei bambini. Gli altri ascoltano, la pietà è silenziosa, nessuno litiga, qualcuno sposta chi gli cade addosso dormendo. Anche se non è dormire, è mancare. Non sai quando svieni e quando dormi. Ora allunghi le gambe sul fondo, i morti hanno lasciato spazio ai vivi. Titti è più forte delle amiche. Quando Ester perde il bambino, è lei che getta tutto in mare, poi lava il vestito, e pulisce il gommone mentre tiene la mano all'amica, che dice basta, tutto è inutile, vado. Muore subito dopo, Titti non piange perché non ha più le forze, quando muore anche Luam due giorni dopo lei si lascia andare. Pensa solo più a morire, scuote la testa quando la donna con la Bibbia ripete quel che ha sentito da Yassief, ed ecco, noi stiamo morendo ma qualcuno arriverà. No, lei adesso rinuncia. Non pensa più all'Italia, non sa dov'è, non la vuole. Non ha più nessuna paura. Ripete a se stessa che dev'essere così in guerra, nelle carestie. Basta, vuoi finire, vuoi solo arrivare al fondo della fame, della sete, di questo esaurimento, non hai il coraggio o l'energia o la lucidità per buttarti e lasciarti andare, affondare sott'acqua e sparire, ma vuoi che sia finita. Persa l'Italia, il gommone adesso ha di nuovo uno scopo: diventa un viaggio per la morte, e va bene così. La diciassettesima notte, forse, Titti si separa da tutto e raduna tutto, la madre e Dio, il cielo, il mare e la morte, "Adei, Amlak, semai, bahari, meut". Rivede suo padre accovacciato, che fuma contro il muro la sera. Si accorge che la sua lingua, il tigrigno, non ha la parola aiuto. Si accorge dalle urla, all'improvviso, che c'è una barca di pescatori e li ha visti. Arriva, e nessuno ce la fa più a gridare. Accostano, ma quando vedono sette cadaveri a bordo e quegli esseri moribondi hanno paura e vanno indietro. Allora i due ragazzi si avventano, non lasciateci qui. La barca si ferma, lanciano un sacchetto di plastica, ma finisce in acqua. Si avvicinano, ne lanciano un altro. Hadangai lo afferra e mentre lo aprono i pescatori se ne vanno, indicando col braccio una direzione. Dentro c'è il pane, con due bottiglie. Titti beve, ma afferra il pane. Appena ha bevuto ne ingoia un morso, ma urla e sputa tutto. Il pane taglia la gola, non passa, lo stomaco e il cuore lo vogliono ma il dolore è più forte, ti scortica dentro, è una lama, non puoi mangiare più niente. Ma con l'acqua l'anima comincia a risvegliarsi. Forse siamo vicini a qualche terra. Sia pure la Libia, basta che sia terra. Ed ecco un rumore grande, più forte, più vicino poi sopra, davanti al sole. E' un elicottero, si abbassa, si rialza. Arriva una motovedetta di uomini bianchi, non vogliono prenderli a bordo, ma hanno la benzina, sanno far ripartire il motore, dicono ai ragazzi come si guida e il gommone li deve seguire. Un giorno e una notte. Poi l'ultima barca. Questa volta li fanno salire. Sono rimasti in cinque: cinque su 78. Chi ce la fa ancora va da solo, Titti la devono portare a braccia. Non capisce più niente, tutto è offuscato, c'è soltanto il sole e lo sfinimento. La siedono. Poi le buttano acqua in faccia. Lì capisce di essere viva. Non chiede con chi è, né dov'è. Che importanza può avere, ormai? Forse non è nemmeno vero, basta chiudere gli occhi per rivedere la stessa scena fissa di un mese, gli odori, gli sbalzi, il rumore delle onde. Così anche in ospedale, dove le visioni continuano, volti, cadaveri, immagini notturne, incubi sul soffitto e sul muro bianco e blu. Ma se allunga la mano, Titti adesso trova una bottiglietta d'acqua. Attorno non muoiono più. Ieri le hanno dato una card per telefonare a sua madre ad Asmara, le hanno detto che è in Italia. Le persone entrano e le sorridono. Due ore fa un medico le ha raccontato in inglese che hanno perso l'altro naufrago ricoverato al "Cervello", Hadengai, in camera non c'è, l'hanno chiamato per una radiografia e non si è presentato, hanno guardato sulle panchine nel giardino ma nessuno sa dove sia. Lei non vuole più pensare a niente. Tiene una mano sulle labbra gonfie, con l'altra mano, dove c'è un anello giallo alto e sottile, tira il lenzuolo per coprire la piccola scollatura a V del camice. Ha paura che sapendo della sua fuga all'Asmara facciano qualcosa di brutto a sua madre e alle sue sorelle. E però vorrebbe dire a tutti che ha fatto la cosa giusta, anche se adesso sa cosa vuol dire morire: ma oggi, in realtà, è la sua vera data di nascita. Quando non ci sperava più ce l'ha fatta, è arrivata. Non ha più niente da dire, può solo aspettare. Poi si apre la porta, e arriva Hadengai. Ha una tuta da ginnastica nera, con la maglietta bianca, cammina lentamente incurvando tutti i suoi 24 anni, e spinge piano il vassoio col cibo che vuole mangiare qui. Ci ha messo un po' di tempo ad arrivare, si è perso, è tornato indietro, guardava senza capire tutte quelle scritte, la sala dialisi, le proposte assicurative in bacheca, i cartelli dell'Avis, la macchinetta al pian terreno che distribuisce dolci e caramelle e funzionava da punto di riferimento. Poi ha trovato la camera di Titti. Si è seduto sul bordo del letto della paziente accanto, che sotto le coperte si è fatta un po' più in là. I due naufraghi parlano sottovoce, lui assaggia qualcosa del pollo con patate che ha sul vassoio, non apre nemmeno il nailon del pane, lei taglia in quattro un maccherone. Ma va meglio, ormai. Non hanno un'idea di che cosa sia davvero l'Italia 2009, fuori da quella porta. Ma prima o poi capiranno che sopra l'ascensore numero 21, proprio davanti a loro, c'è scritto "la vita è un bene prezioso".

Io il sottoscritto venuto in Italia bussando la porte con passaporto e visto dentro, ora non aprovo questi ondata di gomoni e viaggi al enterno del Africa di fortuna perchè pure il deserto tra Libya e Sudan e piena di cadavere e tutta colpa della teocrazia e dittatura ............................azim

Wednesday, 26 August 2009

Pace???


CLIMA: COPENAGHEN; FONTI, AFRICA CHIEDERA' MILIARDI DOLLARI
(ANSA-AFP) - ADDIS ABEBA, 25 AGO - L'Africa, in occasione della Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici in programma in dicembre a Copenaghen, chiedera' ai paesi industrializzati miliardi di dollari di indennizzi: lo ha previsto un diplomatico sudanese al termine di una riunione svoltasi ad Addis Abeba fra i delegati degli otto Paesi che rappresenteranno il continente nero all'appuntamento mondiale dell'Onu sul surriscaldamento globale ed i suoi danni all'ambiente. Le compensazioni richieste, ha previsto Lumumba Di-Aping, rappresentante aggiunto del Sudan presso le Nazioni unite, ''potrebbero arrivare fino al 5% del prodotto interno lordo mondiale'', circa tre milioni di miliardi di dollari. Una decisione definitiva, ha segnalato ancora il diplomatico all'agenzia Afp, deve essere presa dai Capi di stato e di governo africani nel corso di un vertice straordinario indetto per sabato in Libia. (ANSA-AFP). CAL 25/08/2009 18:36

25/08/2009
Sudan, gruppi ribelli concordano posizione comune per negoziati pace
L'accordo non coinvolge il Jem, principale gruppo anti-governativo del Darfur
Quattro gruppi di ribelli attivi nella regione del Darfur hanno raggiunto un'intesa per presentare richieste comuni ai negoziati di pace con il governo a settembre in Qatar.
L'accordo impegna il Fronte unito di resistenza (Urf) e tre fazioni del Movimento per la liberazione del Sudan (Slm). L'accordo è stato promosso dall'inviato speciale degli Stati Uniti per il Sudan, Scott Gration. Nelle ultime settimane, Gration aveva sottolineato la necessità di "unificare i ribelli del Darfur" per procedere sulla via della pace". L'accordo non coinvolge il Movimento per la giustizia e l'uguaglianza (Jem), il più importante gruppo anti-governativo del Darfur. La settimana scorsa, i ribelli del Jem hanno presentato ai mediatori dell'Onu e dell'Unione Africana (Ua) un progetto di accordo di pace che dovrebbe essere discusso in Qatar.

Tuesday, 25 August 2009

Pace e bandiera della rinuncia!!!




24/08/2009
Egitto, al Cairo si apre la conferenza internazionale per il Darfur
L' inviato Usa: "buono il documento presentato dalla Libia"
Si sono aperti oggi i lavori al Cairo di un conferenza internazionale sul Darfur. La Libia, che ha la presidenza di turno dell'Unione Africana, ha presentato una proposta che ha raccolto il consenso dell'inviato speciale di Obama per il Sudan, Scott Gration: "I libici hanno presentato un documento molto positivo e sono molto fiero della nostra collaborazione con loro", ha dichiarato lo statunitense a margine della conferenza. Gration è stato il primo statunitense a definire apertamente "genocidio" la crisi in Darfur determinando un netto cambiamento nell'approccio statunitense.La Conferenza vede la partecipazione di Egitto, Libia, Usa, Sudan e di vari gruppi armati tra cui l' SLM-Unity, uno dei principali gruppi operanti nel sud del Sudan. Alla conferenza non è stato però invitato il Justice and Equality Movement, il cui portavoce Ahmed Hussein ha dichiarato all'agenzia Miraya FM di essere sorpreso del mancato invito e che "qualsiasi conferenza che non coinvolga il JEM è completamente inutile.

ALARAB ONLINE

القذافي لقادة "العدل والمساواة": اجتهدوا من أجل سلام دارفور فلا مستقبل لكم دونه

ليبيا24 ـ عصام الزبير: إلتقى الزعيم الليبي معمر القذافي رئيس الاتحاد الافريقي والمفوض السامي للسلام في فضاء الساحل والصحراء بأعضاء المكتب التنفيذي لحركة العدل والمساواة والفعاليات السياسية والعسكرية والشعبية بالحركة في إقليم دارفور السوداني برئاسة خليل إبراهيم. وابتدأ القذافي حديثه بالقول إن السودان وليبيا هما امتداد جغرافي ديموغرافي لبعضهما، فدارفور هي جارة لليبيا وحدودها مشتركة معها، مشيرا الى إن منطقة دارفور هي جزء من غرب السودان، وفي ذات الوقت هي جزء من شرق تشاد، وجزء من جنوب ليبيا، وهي منطقة تنصهر فيها وحدة شعوب هذه البلدان الثلاثة على الأقل.وقال القذافي: "يؤسفنا جدا أن تكون دارفور ديار حرب وعدم آمان ونهب وقطع طرق وديار مشردين ولاجئين ونازحين.وأكد القذافي أن ما يحدث في دارفور ليس من مصلحتنا جميعا وعلى وجه الخصوص أهل دارفور.. الوضع الذي نحن فيه الآن لا يتطلب الحرب، بل بالعكس يتطلب السلام والإستقرار والبحث عن الماء والمرعى والزراعة، وبعد ذلك البحث عن المعادن وعن البترول وعن الذهب، وكان يمكن لأهل دارفور أن يستفيدوا من إطلالتهم بالجيرة على تشاد وليبيا ومن وجودهم في السودان لتنمية مقدراتهم ومنطقتهم، لكن بدل ذلك حرموا أنفسهم من هذه التسهيلات المفيدة وأدخلوا دارفور في أتون حرب ليست ضرورية.وأشار الزعيم الليبي بحديثه لرئيس حركة العدل والمساواة وأعضائها بأن طريقهم نحو السلام الآن هو الصحيح وأن المجتمع الدولي يؤيدهم، وبأنه معهم وأن وقوى السلام المخلصة والجادة في العالم معهم. وقال أعتقد أن الدكتور خليل وأنتم أعضاده أدركتم هذه المؤامرة وبإرادتكم الحرة وبوعي تام قدرتم الموقف، وبالتالي قررتم تغيير الإتجاه فبدل الحرب تسيرون للسلام، وهذا شيء نحن نصفق له ونقدره من أجلكم أنتم، من أجل أطفالنا وأهلنا في دارفور.نعتقد أن هذا قرار حكيم وسليم وهو الذي يجنبهم الكوارث، ويجنبهم المصائب ولايقود قومه إلى الهلاك. وأشار رئيس الاتحاد الافريقي الى حقيقة محمد نور وإلى ان دارفور هي مطلب اسرائيلي قائلا: "قلت لهم إن مأساة دارفور نتيجة مؤامرة، مادام الإسرائيليون هم المتسببون فيها فهي إذن ليست مطلب أهل دارفور، هذا مطلب إسرائيلي، إذن إسرائيل وراء الحرب". واضاف "أهل دارفور حاربوا الإستعمار وحاربوا الإنجليز، ولكن لايمكن أنهم يحاربون بعضهم .. مسلم يقتل مسلما!!، حرام أن إفريقيا يقتل إفريقيا ..هذا حرمناه وكتبناه في مواثيقنا، محرم أن إفريقيا يقتل إفريقيا، مثل اليهود محرّم اليهودي يقتل يهوديا. وأضاف "مادامنا مضطهدين ونحن معادين من الآخرين يجب أن نكون أمة واحدة متماسكة، يعني اللون الأسود هذا والجنس الأسود هذا، يجب أن يتحد ويبني إفريقيا ويبني قوة ويفرض وجوده على الآخرين الذين احتقروه والذين باعوه والذين استعبدوه وحملوه في السفن مثل الحيوانات واصطادونا من الغابة والقوا بنا في البحر". وخاطب الزعيم الليبي أهل دارفور بحضهم على اتباع خليل في مسعاه نحو السلام وأكد ان دارفور لا تستحق حربا ليست ضرورية أبدا، مضيفا بالقول "الآن خلاص نحن نريد أن ننقذ الموقف، خليل على رأسكم يريد أن يقودكم إلى السلام وينقذ الموقف، يكفي أطفالا يتامى ونساء أرامل ومشردين وجوعى ويكفي أمراضا وبهدلة، العالم يتعلم الآن ويقرأ ويستقر ويطور التكنولوجيا ونحن كل عام نحرم أولادنا من الدراسة ومن العلم وتركهم مشردين في دارفور وفي تشاد وفي ليبيا، ودعا الدارفوريين إلى مزيد من الجدية في قضية السلام "مثلما تعهدتم دون أي شروط". وجدد الزعيم الليبي تأكيده على ضرورة تقاسم الثروات والانطلاق نحو السلام والاستثمار لخير المنطقة وازدهارها وتغيرها نحو الأفضل قائلا: "أنا أعتقد أن حركة العدل والمساواة الآن وبقيادة خليل تستطيع إن شاء الله أن تحدث إنعطافا حقيقيا لقضية دارفور بإتجاه السلام .إذا أنتم إتجهتم في هذا الإتجاه، فإن الآخرين سيتبعونكم وسيتقزم الآخرون، وأجعلوا العدل والمساواة عدلا ومساواة". وطالب رئيس الاتحاد الافريقي بسحب البساط من تحت أقدام أمريكا وإسرائيل وفرنسا وأوروبا، وغيرها؟ والأمم المتحدة مؤكدا "كلهم يتاجرون بدمكم وبدم أطفالكم"، ودعاهم الى البدء فورا في احلال السلام، مذكرا بدعوته إلى قمة إفريقية خاصة لحل النزاعات الإفريقية الساخنة، حيث "عرضت على قمة سرت الماضية في شهر ناصر أن نعقد قمة في طرابلس يوم 31 من هذا الشهر؟ لحل النزاعات وقد وزع جدول الأعمال على الدول الإفريقية كلها وعلى رأس المشاكل الإفريقية مشكلة دارفور، الآن سنأتي إلى طرابلس ونجتمع، ونحل مشكلة دارفور من بين المشاكل الأخرى، لكن أهمهم مشكلة دارفور".وتمنى الزعيم الليبي على أهل دارفور ألا يخذلوا مساعيه قائلا: "بيدكم أنتم لا تكسفونا نريد أن نبني إفريقيا نريد أن نمشي إلى الأمام.. فمن مصلحتكم السلام من أجل أولادكم من أجل عائلاتكم ونسائكم وأطفالكم، فأرجوكم أن هذه الحرب خاسرة جدا جدا وليست لازمة أبدا أبدا أن يقتل سوداني سودانيا لا فخر فيها ولا شجاعة ولا فيها شهادة ولا فيها جنة ولا فيها أي شيء، فيها نار في الدنيا وفي الآخرة، نار الآن في الحرب ونار يوم القيامة في جهنم، فلماذا؟". وبخصوص جنوب السودان قال الزعيم الليبي رئيس الاتحاد الافريقي: أنا قلتلقادته إنكم لو تحصلتم على استقلالكم أنا أؤيد استقلالكم، لماذا؟، لأنكم لا تتكلمون عربي، لغتكم انجليزية ولغتكم محلية، ديانتكم ليست الإسلام.. أنتم وثنيين وبعضكم مسيحيين، أنتم من جهة أخرى ليست من السودان، مختلفة عن دارفور وعن النوبة وعن شرق السودان وعن الخرطوم.لكنه أردف قوله بالتأكيد على عدم الجوى من مثل هذا الاستقلال إذا كان سيسفر على دولة ضعيفة جدا ستضطر الجنوبيين إلى البحث عمن يدعمهم من الخارج، و"سيتم إستعماركم، والذي سيستعمركم هذا سوف يقهركم ويأخذ ثرواتكم ويكذب عليكم ويقول سأساعدكم وأساعد إستقلالكم وأنتم دولة ناشئة، ومادام هذا هو مصيركم ابقوا في السودان الدولة المستقلة.. الدولة الكبيرة إلى حد ما تحميكم، أفضل من أنكم تستقلون وبعد ذلك تبقون تحت حماية قوى أخرى إمبريالية أوصهيونية".وأوضح رئيس الاتحاد الافريقي الفرق بين جنوب السودان واقليم دار فور الذي يتكلم العربية ويتمتع بالاسلام ويتصاهر ابنائه مع القبائل الاخرى، حيث تزاوجت القبائل في الصحراء باستثناء الجنوب. وقال القذافي "أنا أحترم البدلة القتالية، لكن لما نكون في الواجب ونحن نحارب الاستعمار، نعم نلبس البدلة العسكرية ونقاتل ونفخر بها، لكن لا نفخر بها ونحن نقاتل بعضنا!!.واستطرد قائلا إن "الشرف يعني أن نلبس بدلة عسكرية لكي نقاتل الصهيونية ولكي نقاتل الاستعمار ونقاتل الإمبريالية ونحرر إفريقيا ونتحرر من السيطرة الأجنبية، لكن ما عندنا فخر في أننا نحن نقاتل بعضنا سواء كان الجيش السوداني الذي الآن يقاتل في دارفور أو أهل دارفور.. هذا في الحقيقة شيء ليس مدعاة للفخر.. الذي أراه أنا في دارفور هو إنزلاق شيطاني وُرطنا فيه دون خيارنا". وفور انتهاء الزعيم الليبي رئيس الاتحاد الافريقي والمفوض السامي للسلام في فضاء الساحل والصحراء من كلمته عاهد ه رئيس حركة العدل والمساواة "خليل إبراهيم" قائلا:"نحن متفقون تماما معه فيما يقول ونعاهده إن شاء الله، وسنجتهد كذلك بأن نصل إلى السلام، ونحن كذلك نريد خلال هذه الفترة، فترة الأسبوع القادم أن نجتهد إن شاء الله، وأرجو كذلك أن الله يعين أن يضغط على الطرف الأخر كذلك أن يأتي سريعا ويستجيب كذلك للإستحقاقات المتواضعة لحركة العدل والمساواة، وسيتم السلام إن شاء الله. وأرجو أن يكون هناك قرار سلام إن شاء الله رب العالمين بحلول يوم 31 من شهر ناصر
Insomma bene il Jem non vole la seperazione del Sudan alora fermativi la pace e qui ora grantice l'america .....................................azim

Saturday, 22 August 2009

Ramadan Karim and peace talks are getting OK!

8/22/09 10:29 AMDarfur 'Progress' at Darfur peace talks

Darfur - At least four of the numerous rebel groups in Darfur have agreed to work together, says the US envoy to Sudan.

Scott Gration said the deal reached in the Ethiopian capital Addis Ababa provided a "very strong foundation for rebel unification".

He had earlier said that the existence of 26 different rebel groups was a major obstacle to bringing peace to the region after six years of conflict.

The UN believes that some 300,000 people have been killed.

The groups which have agreed to the "roadmap" are mostly splinter-groups from the Sudan

Although factions originally from the Justice and Equality Movement (Jem) have not signed up, Mr Gration described the deal as "tremendous progress".

Earlier, Sudanese Strategic Planning Minister Tajussir Mahjoub welcomed Mr Gration's efforts to unify the rebels.

He told the BBC that negotiating peace with more than 20 groups was very difficult.

More than two million people have been forced from their homes in Darfur.

Earlier this week, Mr Gration said he had brokered an agreement to ease tensions between the main political parties in north and south Sudan.
We hope for the best ............................. azim