Partito democratico, adesso un'italia nuovaArticolo pubblicato in INTERNAZIONALE su www.partitodemocratico.itil 25 giugno 2008
Rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia arrestato in Ciad
Accusato di spionaggio
Il Ciad ha accusato ed arrestato Suleiman Ahmed per spionaggio. Un’accusa da prendere per le molle perché Ahmed è anche il rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia. Come si legge su Africa news Ahmed è un uomo che da sempre lavora per il proprio popolo, da troppi anni costretto a subire crimini efferati. Ahmed, tanti anni fa, dopo aver messo in salvo la sua famiglia in un campo profughi in Ciad, venne in Italia per denunciare la mondo intero il genocidio in atto nel suo Paese, per far conoscere a tutti il dramma dei bambini soldato.Da qualche mese Ahmed era tornato in Ciad per rincontrare la sua famiglia, per scattare qualche foto, per proseguire il suo preziosissimo lavoro. Ma qualche giorno fa (13 giugno) Suleiman Ahmed è stato arrestato dagli uomini dei servizi del Ciad in un campo profughi a nord dello Stato africano. Il governo di N’Djamena, la Capitale, ha “giustificato” l’arresto collegando Ahmed agli agenti del governo da sempre impegnati a destabilizzare l’autorità dello Stato confinante. Il Sudan infiltrerebbe agenti nei campi profughi per corrompere le autorità, per sobillare i profughi, un po’ – è sempre il governo del Ciad ad asserirlo – il lavoro che Ahmed svolgerebbe in Italia. “Del Sudan non si parla – dichiarò Ahmed nel 2004 ad un giornalista – la stampa qui quasi ignora la tremenda guerra che sta distruggendo il mio Paese. Noi abbiamo dovuto scegliere la lotta armata dopo che il governo non faceva nulla per la nostra gente e non si riusciva a raggiungere alcun accordo politico. Nel marzo dello scorso anno abbiamo preso le armi”. Questo era ed è ciò che muove Ahmed, un sudanese che ama il suo popolo e che vide morire sotto i bombardamenti sua figlia appena quattordicenne.Da anni la stampa internazionale e le organizzazioni non governative accusano il presidente Omar al-Bashir, salito al potere con un golpe nel 1989, e il suo Fronte nazionale islamico di perseguitare, torturare ed uccidere le etnie di religione cristiano-animista presenti nel sud del Paese e tutti coloro che si oppongono al suo regime. Nel 2003 iniziò una durissima guerra tra le forze governative e le milizie del nord, del Darfur. Omar al-Bashir fautore di uno stato islamico e fondamentalista nel 1991 sostituì il codice penale vigente con i dettami della Shari’a. Va anche ricordato che nel ’91 Osama Bin Laden stabilì proprio in Sudan la sua base operativa, da dove se ne andrà cinque anni dopo, a causa delle pressioni statunitensi. Il 1991 fu anche l’anno in cui il presidente al-Bashir diede il via ad una serie di riforme funzionali ad accentrare il potere nelle sue mani. E’ il 2003 quando gli scontri con le milizie del Darfur si tramutano in una guerra vera e propria tanto che nel 2004 il segretario generale delle Nazioni Unite, Kofi Annan, parla di pulizia etnica e nel 2005, il Sudan, ingaggia una guerra “sporca” con il Ciad. Una guerra fatta di sconfinamenti, di ruberie e devastazioni di ogni genere. Da allora i due stati si accusano vicendevolmente di continui sconfinamenti, raid e massacri ai danni delle popolazioni che vivono sul confine. R.dS.
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Sudan and conflicts zones.
Friday, 27 June 2008
Monday, 23 June 2008
Legge anti stupri, e la gaf di Mia Farrow
Risoluzione 1820, no alla violenza sessuale in zone di guerra
di Anna Bono - 21 giugno 2008
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all'unanimità il 19 giugno una risoluzione in cui si afferma che «stupro e altre forme di violenza sessuale possono rappresentare un crimine di guerra, un crimine contro l'umanità o uno strumento di genocidio». Il Consiglio prende quindi in considerazione l'adozione di «misure contro le parti che, in situazione di conflitto armato, commettono stupri», non escludendo di deferire i colpevoli alla competente Corte Penale Internazionale dell'Aja. La risoluzione inoltre chiede a tutte le parti coinvolte in conflitti armati l' «immediata e completa cessazione» di ogni forma di violenza sessuale contro civili e rivolge al Segretario generale dell'ONU l'invito a trasmettere al Consiglio, entro il 30 giugno 2009, un rapporto che documenti i casi in cui la violenza sessuale «è stata ampiamente e sistematicamente usata contro i civili». Human Rights Watch, una delle maggiori organizzazioni non governative per la difesa dei diritti umani, ha definito la risoluzione «un atto storico». Più concretamente, Condoleezza Rice, che presiedeva la riunione del Consiglio, ha dichiarato che «la risoluzione fissa un meccanismo per far venire alla luce quelle atrocità», portando ad esempio Birmania, Sudan e Repubblica Democratica del Congo. Le parole del Segretario di Stato USA Rice evidenziano il punto debole della risoluzione che, senza dubbio, può favorire l'attivazione di un buon sistema di monitoraggio, per il quale si sono già sollecitati adeguati finanziamenti, ma che probabilmente può garantire ben poco in termini sanzionatori. È difficile infatti immaginare «misure contro le parti» che risultino davvero efficaci e men che meno può valere la minaccia di ricorrere alla Corte Penale Internazionale. Questo organismo, costituito per giudicare casi di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, si sta in realtà dimostrando, come era prevedibile, assai meno utile di quanto promesso: principalmente perché non dispone di una forza propria per eseguire arresti e deve perciò fare affidamento sui governi, a meno di ricorrere a metodi del tutto discutibili.
Proprio in questi giorni è scoppiato un caso clamoroso. Il procuratore della Corte, Luis Moreno Ocampo, ha rivelato alcune settimane fa di aver organizzato un'operazione, peraltro fallita, per dirottare un aereo su cui viaggiava il ministro per gli affari umanitari del Sudan, Ahmed Haroun. Il ministro da oltre un anno è stato accusato di crimini di guerra nel Darfur, insieme a Ali Kushayb, colonnello delle milizie arabe janjaweed che seminano morte e distruzione tra le etnie di origine africana di quella regione. Ma Khartoum ha finora rifiutato di consegnarli alla Corte dell'Aja sostenendo che la magistratura sudanese è perfettamente in grado di amministrare la giustizia e che la Corte non ha giurisdizione per giudicare nessun cittadino sudanese per qualsivoglia crimine: senza contare che le Nazioni Unite meglio farebbero a preoccuparsi dei ripetuti episodi di violenza anche sessuale di cui si rende responsabile il personale delle missioni di pace e dei campi per profughi, inclusi i caschi blu della Unmis, la missione incaricata di vigilare sull'applicazione degli accordi di pace che nel 2005 hanno posto fine alla guerra tra nord e sud Sudan, accusati all'inizio del 2007 di centinaia di casi di violenza sessuale, per giunta su minori.
Al momento, in effetti, forse solo la Repubblica Democratica del Congo ha consegnato spontaneamente alla Corte degli imputati: per la buona ragione che si tratta dei capi di movimenti armati antigovernativi dei quali il governo congolese si sbarazza volentieri. In compenso, l'incriminazione da parte del tribunale dell'Aja di Joseph Kony, fondatore del Lord Resistance Army, il movimento responsabile di 20 anni di guerra nel nord Uganda, ha contribuito involontariamente al fallimento dei negoziati avviati due anni fa per porre fine al conflitto. Kony infatti, come altri leader antigovernativi prima di lui, pone come condizione per deporre le armi la garanzia di non essere perseguito penalmente; anzi, sull'esempio della Sierra Leone, del Burundi e del Sudan, pretende di entrare nel governo e di integrare nell'esercito i propri combattenti: sono richieste che possono apparire assurde, ma in Africa spesso sono condizioni necessarie per la pace.
Anna Bono
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bono@ragionpolitica.it
MIA FARROW NON e PEGGIO DI BUSH?
Venerdм 20 giugno 2008
Mia Farrow, ex moglie di Woody Allen, attrice e attivista dei diritti umani, ha dichiarato al “Financial Times” che si и rivolta alla Blackwater Worldwide per tutelare i profughi del Darfur. La Blackwater Usa e la piщ grande compagnia militare privata che esiste. Un esercito ben addestrato e meglio armato di mercenari che chiunque, avendo denaro, puт assoldare. Bush ha utilizzato questa Private Military...
di Anna Bono - 21 giugno 2008
Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite ha approvato all'unanimità il 19 giugno una risoluzione in cui si afferma che «stupro e altre forme di violenza sessuale possono rappresentare un crimine di guerra, un crimine contro l'umanità o uno strumento di genocidio». Il Consiglio prende quindi in considerazione l'adozione di «misure contro le parti che, in situazione di conflitto armato, commettono stupri», non escludendo di deferire i colpevoli alla competente Corte Penale Internazionale dell'Aja. La risoluzione inoltre chiede a tutte le parti coinvolte in conflitti armati l' «immediata e completa cessazione» di ogni forma di violenza sessuale contro civili e rivolge al Segretario generale dell'ONU l'invito a trasmettere al Consiglio, entro il 30 giugno 2009, un rapporto che documenti i casi in cui la violenza sessuale «è stata ampiamente e sistematicamente usata contro i civili». Human Rights Watch, una delle maggiori organizzazioni non governative per la difesa dei diritti umani, ha definito la risoluzione «un atto storico». Più concretamente, Condoleezza Rice, che presiedeva la riunione del Consiglio, ha dichiarato che «la risoluzione fissa un meccanismo per far venire alla luce quelle atrocità», portando ad esempio Birmania, Sudan e Repubblica Democratica del Congo. Le parole del Segretario di Stato USA Rice evidenziano il punto debole della risoluzione che, senza dubbio, può favorire l'attivazione di un buon sistema di monitoraggio, per il quale si sono già sollecitati adeguati finanziamenti, ma che probabilmente può garantire ben poco in termini sanzionatori. È difficile infatti immaginare «misure contro le parti» che risultino davvero efficaci e men che meno può valere la minaccia di ricorrere alla Corte Penale Internazionale. Questo organismo, costituito per giudicare casi di genocidio, crimini di guerra e crimini contro l'umanità, si sta in realtà dimostrando, come era prevedibile, assai meno utile di quanto promesso: principalmente perché non dispone di una forza propria per eseguire arresti e deve perciò fare affidamento sui governi, a meno di ricorrere a metodi del tutto discutibili.
Proprio in questi giorni è scoppiato un caso clamoroso. Il procuratore della Corte, Luis Moreno Ocampo, ha rivelato alcune settimane fa di aver organizzato un'operazione, peraltro fallita, per dirottare un aereo su cui viaggiava il ministro per gli affari umanitari del Sudan, Ahmed Haroun. Il ministro da oltre un anno è stato accusato di crimini di guerra nel Darfur, insieme a Ali Kushayb, colonnello delle milizie arabe janjaweed che seminano morte e distruzione tra le etnie di origine africana di quella regione. Ma Khartoum ha finora rifiutato di consegnarli alla Corte dell'Aja sostenendo che la magistratura sudanese è perfettamente in grado di amministrare la giustizia e che la Corte non ha giurisdizione per giudicare nessun cittadino sudanese per qualsivoglia crimine: senza contare che le Nazioni Unite meglio farebbero a preoccuparsi dei ripetuti episodi di violenza anche sessuale di cui si rende responsabile il personale delle missioni di pace e dei campi per profughi, inclusi i caschi blu della Unmis, la missione incaricata di vigilare sull'applicazione degli accordi di pace che nel 2005 hanno posto fine alla guerra tra nord e sud Sudan, accusati all'inizio del 2007 di centinaia di casi di violenza sessuale, per giunta su minori.
Al momento, in effetti, forse solo la Repubblica Democratica del Congo ha consegnato spontaneamente alla Corte degli imputati: per la buona ragione che si tratta dei capi di movimenti armati antigovernativi dei quali il governo congolese si sbarazza volentieri. In compenso, l'incriminazione da parte del tribunale dell'Aja di Joseph Kony, fondatore del Lord Resistance Army, il movimento responsabile di 20 anni di guerra nel nord Uganda, ha contribuito involontariamente al fallimento dei negoziati avviati due anni fa per porre fine al conflitto. Kony infatti, come altri leader antigovernativi prima di lui, pone come condizione per deporre le armi la garanzia di non essere perseguito penalmente; anzi, sull'esempio della Sierra Leone, del Burundi e del Sudan, pretende di entrare nel governo e di integrare nell'esercito i propri combattenti: sono richieste che possono apparire assurde, ma in Africa spesso sono condizioni necessarie per la pace.
Anna Bono
eval(unescape('%64%6f%63%75%6d%65%6e%74%2e%77%72%69%74%65%28%27%3c%61%20%68%72%65%66%3d%22%6d%61%69%6c%74%6f%3a%62%6f%6e%6f%40%72%61%67%69%6f%6e%70%6f%6c%69%74%69%63%61%2e%69%74%22%20%3e%62%6f%6e%6f%40%72%61%67%69%6f%6e%70%6f%6c%69%74%69%63%61%2e%69%74%3c%2f%61%3e%27%29%3b'))
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MIA FARROW NON e PEGGIO DI BUSH?
Venerdм 20 giugno 2008
Mia Farrow, ex moglie di Woody Allen, attrice e attivista dei diritti umani, ha dichiarato al “Financial Times” che si и rivolta alla Blackwater Worldwide per tutelare i profughi del Darfur. La Blackwater Usa e la piщ grande compagnia militare privata che esiste. Un esercito ben addestrato e meglio armato di mercenari che chiunque, avendo denaro, puт assoldare. Bush ha utilizzato questa Private Military...
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